Elf Me, la recensione

La struttura tipica del cinema d'avventura fantastico per ragazzi americano trova in Elf Ma la sua miglior versione italiana

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Elf Me, il film di YouNuts! con Lillo e Claudio Santamaria, disponibile dal 23 novembre su Prime Video

Ci sono le biciclette, i bambini, i bulli, una madre sola a gestire un negozio, un villain spietato che a un certo punto pare avere una doppia personalità, la risata malvagia, un aiutante magico e anche l’amico ciccione d’ordinanza. È l’universo di riferimento del cinema fantastico per ragazzi americano solo che siamo in un paesino arroccato italiano e la cosa, stranamente, non stona. È la firma più evidente di Gabriele Mainetti su questo film di YouNuts!, che Mainetti ha prodotto (quindi supervisionato), sceneggiato (insieme a Leo Ortolani, Tommaso Renzoni, Marcello Cavalli e Giovanni Gualdoni) e infine musicato (con Matteo Braga ed Emanuele Bossi), cioè la capacità che ha dimostrato spesso di adattare dinamiche del cinema americano, fondendole con la tradizione del cinema italiano in maniere che creano un’entità terza.

Elf Me è la storia di un elfo di Babbo Natale (Lillo) che finisce per errore sulla Terra e non può tornare indietro se non viene “restituito” ufficialmente. Prima però dovrà aiutare la mamma del bambino a casa del quale è finito a tenere in piedi il suo negozio di giocattoli artigianali, resistendo all’invasione dello spietato grossista locale e del desideratissimo giocattolo che lui ha in esclusiva per questo Natale. È insomma una storia in cui la posta in gioco è la sopravvivenza di un’attività commerciale, e la vittoria arriva nel momento in cui riusciranno a fare profitti. Il successo commerciale come strumento di affermazione di un principio etico, la base dell’eroismo classico americano.

Lo stesso nessuno degli altri elementi del film che invece parlano la nostra lingua è fuori posto. Elf Me è l’italianizzazione migliore del cinema natalizio americano vista fino a oggi. Ha un’ambientazione molto intelligente e soprattutto un cattivo fenomenale, co-creato con Claudio Santamaria, animato da un dialetto peculiare che non è denotativo ma espressivo, usato cioè per caricare e fare ancora più fumettone invece che per tenerlo ancorato a un realismo che qui, per fortuna, non è mai cercato. Del resto come tutti i film che hanno dietro Gabriele Mainetti, Elf Me è innamorato dell’espressività e del fantastico, è felice di finire con personaggi ricoperti di slime verde-Grinch che si vogliono bene come nel finale di Ghostbusters, di far volare le immancabili bici e di avere una trama con un padre-surrogato, come nei film di Spielberg.

Soprattutto è un film che sa usare molto bene le caratterizzazioni tipiche del cinema fantastico, le sa manipolare così tanto (vale la pena ripeterlo, la maniera in cui Claudio Santamaria crea un villain da operetta, spietato e regionale è il tipo di trovata capace di reggere un film anche da sola) da dargli forme nuove e nel quale quando qualcosa non funziona, e capita (molti difetti del cinema italiano si trovano anche qui, dalla recitazione terribile dei bambini ad alcuni passaggi frettolosi della sceneggiatura o temi più pesanti trattati velocemente come la dislessia), c’è una colonna sonora molto molto centrata sul fantastico che dà al film la spallata che lo rimette in piedi e crea il mood giusto. Più che per altri generi, più che per altri film, in questo lo score fa l’80% del lavoro, cioè rende Elf Me il film per ragazzi che il cinema americano non fa più, quello che flirta con il disturbante, che spaventa, immagina e osa.

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