Educazione fisica, la recensione

Il problema di Educazione fisica non è certo il suo presupposto ma la maniera in cui si bea della rappresentazione che fa dell'esistente

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Educazione fisica, il film scritto dai fratelli D'Innocenzo in uscita il 16 marzo al cinema

Che dietro a Educazione fisica ci sia una sceneggiatura di Fabio e Damiano D’Innocenzo il film lo dichiara subito, iniziando con un’inquadratura panoramica che imposta il luogo dell’azione mentre in sottofondo una musica mesta ci dice quale sarà il tono della storia, esattamente come accadeva in La terra dell’abbastanza (anche il punto di inquadratura somiglia). Dietro di loro ad ogni modo c’è un testo teatrale (di Giorgio Scianna) che i fratelli hanno adattato per il film poi diretto da Stefano Cipani

La storia è divisa in due parti: prima un gruppo di genitori è radunato nella palestra fatiscente della scuola dei loro figli dalla preside per comunicargli che proprio i loro figli hanno violentato una compagna. Poi quello stesso gruppo di genitori dovrà decidere cosa fare in seguito alle proprie azioni e reazioni. Nella prima parte l’intento è palesemente quello di mettere in scena i consueti schieramenti e il dibattito intorno ai casi di stupro: dal dare la colpa alla vittima fino all’argomentazione che denunciare il tutto sarebbe dannoso proprio per la ragazza. Il loro obiettivo è assolvere i figli a tutti i costi e insabbiare, la preside invece cerca di far ragionare i genitori sempre più mostri.

È questa la parte più schematica, quella in cui Claudio Santamaria interpreta il patriarcato e in cui Angela Finocchiaro e Sergio Rubini dimostrano l’equivalenza tra classi sociali di fronte alla considerazione delle donne. I personaggi in tutta quella fase sono incarnazione di posizioni sociali e l’intreccio non fa che ratificare le loro nature invece che metterle in crisi. Questo fino a che un evento non cambia le carte in tavola e apre il film alla sua seconda parte in cui assistiamo ad una battaglia di intelligenze intente a difendersi e ognuno deve mascherare se stesso. Lì anche la recitazione stantìa della prima parte di colpo migliora e il film trova l’equilibrio che mancava all’inizio.

Purtroppo però è il comparto di messa in scena che non riesce mai a dare un po’ di presa a Educazione fisica. Si appoggia molto a questa palestra disastrata che rappresenta la società marcia in cui si agitano le controparti reali delle posizioni di questi genitori, un mondo cadente dentro al quale si muovono persone orribili, la più diretta delle analogie. E si appoggia anche ad una caratterizzazione grossolana dei personaggi tramite trucco e abbigliamento (che è incredibile visto quanto in realtà le ottime caratterizzazioni siano un’arma cruciale dei film che i D’Innocenzo dirigono anche). Tra Santamaria borghese piccolo e Mezzogiorno preside occhialuta è difficile scegliere chi somiglia di più ad una caricatura. Solo uno score che ogni tanto rispolvera un fischio e delle armonie da cinema italiano degli anni ‘80 riesce a dare un po’ di atmosfera.

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