Eccezzziunale veramente – Capitolo secondo… me

20 anni dopo, tornano il milanista Donato, l’interista Franco e lo juventino Tirzan, con le consuete difficoltà a conciliare pallone e vita personale. Abatantuono e i Vanzina rimettono mano al loro grande successo. Purtroppo…

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Imbarazzante. E’ l’impressione che fa questo film. Un po’ come rivedere un’ex non in forma dopo vent’anni. Ritrovare dei personaggi che, piaccia o meno, sono entrati nell’immaginario popolare (sfido chiunque a non sorridere all’inizio, quando parte la celebre canzone di Abatantuono) e vederli in queste condizioni, suscita più pietà che rabbia.
I Vanzina, ultimamente, sembrano specializzati nel riprendere dei vecchi successi degli anni settanta-ottanta, con pellicole come Il ritorno del Monnezza o La mandrakata. Sarebbe facile (e probabilmente anche giusto) cercarne le ragioni in una certa sterilità creativa e nella voglia di passare alla cassa, ma proporre delle pellicole di facile presa e con delle buone possibilità commerciali è tutt’altro che un difetto (magari, basterebbe evitare scandalosi spot pubblicitari all’interno della pellicola, come avviene purtroppo qui)

Il problema vero è che bisognerebbe ricordarsi i motivi per cui la gente ha amato gli originali e magari cercare di offrire le stesse emozioni. In quei casi, si creavano dei personaggi che rimanevano impressi, per volti, mimiche, movimenti e, soprattutto, battute fulminanti. Qui, invece, fin dall’inizio si capisce che la convinzione dei protagonisti è ai minimi termini, con una menzione speciale per la Ferrilli, che sembra sempre chiedersi cosa ci faccia in questa pellicola, mentre i comici usciti da Zelig si preoccupano esclusivamente di dire le loro battute (moscissime) piuttosto che di mandare avanti la storia. E lo stesso Abatantuono non sembra certo avere la stessa energia (o anche, semplicemente, lo stesso sguardo spiritato) di vent’anni fa.

Anche perché la sceneggiatura è un disastro. Potrebbe anche essere accettabile copiare Totò (le cui storie però non erano quasi mai all’altezza del suo talento), ma francamente attingere da Pippo Franco (Il tifoso, l’arbitro e il calciatore) è un po’ troppo.
Pensiamo a Donato, che si è trasferito in Spagna e non segue più il Milan allo stadio. Verrebbe da pensare a qualche ragione molto importante, che ci verrà rivelata in seguito, ma invece non c’è nessuna risposta a questo interrogativo, tantoché basta l’invito di quattro tifosi in vacanza a riportarlo sulla retta via della curva. Le vicende di Tirzan, invece, non fanno che riprendere quelle di Letto a tre piazze, con l’unica aggiunta di un tristissimo cammeo di Luca Cordero di Montezemolo (che probabilmente aveva cinque minuti liberi tra un consiglio d’amministrazione e l’altro). Infine, la storia di Franco è talmente brutta che fa pensare che sia stata scartata da qualche film di Boldi e De Sica.

Ma, a parte la voce off (decisamente fuori contesto rispetto al film, considerando che cita il Conte di Montecristo, mentre i personaggi arrivano al massimo a parlare dei Ricchi e poveri), quello che è veramente inquietante è il disinteresse verso il calcio. Sì, apparentemente i tre personaggi di Abatantuono non pensano ad altro, ma in realtà solo nel finale vediamo una partita dallo stadio, come se poi questo sport fosse solo una scusa per mascherare la mancanza di argomenti. D’altronde, quando si commettono strafalcioni incredibili (una semifinale di Champions League che avviene in autunno!), si capisce che gli autori non hanno voglia di cercare un minimo di plausibilità (ipotesi confermata anche da tanti altri particolari).

Certo, dopo aver visto i giocatori del Milan (unica, lodevole eccezione, Ambrosini) recitare, si inizia a capire perché il calcio venga massacrato in questo modo…

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