Dylan Dog - la recensione
Un investigatore del paranormale si ritrova coinvolto in uno scontro tra licantropi e vampiri. Terrificante adattamento del fumetto di Tiziano Sclavi, indifendibile da ogni punto di vista...
Recensione a cura di ColinMckenzie
Titolo Dylan DogRegiaKevin Munroe
Cast
Brandon Routh, Sam Huntington,Taye Diggs, Anita Briem, David JensenUscita16-03-2011La scheda del film
Ci sono tanti motivi per cui non ero troppo preoccupato per questa trasposizione di Dylan Dog. Sì, sono stato un fan del fumetto quando era appena nato e devo dire che i primi 40-50 numeri, tranne qualche eccezione, rimangono notevoli. Ma in seguito, tanti altri episodi non funzionavano più bene come un tempo, tra disegni meno convincenti e testi sempre più interessati a mandare un messaggio sociale che a raccontare storie valide. Il punto più basso è stato raggiunto con un numero copiato pari pari da un romanzo di Philip K. Dick, un tale tradimento da farmi perdere ogni amore verso questo fumetto da un giorno all'altro.
Iniziamo da Brandon Routh, un Dylan che non riesce a esprimere nessun fascino, ma risulta un insieme di contraddizioni. Forte e deciso, cerca di esprimere disagio e malinconia sul suo passato, ma in maniera talmente superficiale da risultare irritante. Esempio, all'inizio della pellicola il suo fedele assistente muore (scena mostrata nei vari trailer) e lui, giustamente, elabora il lutto in pochi minuti. Poi, durante tutto il film, ha il volto di chi sa che non gli succederà nulla, quindi perché preoccuparsi, tanto non ci sono rischi. E dovremmo appassionarci a un personaggio del genere, che per risolvere la situazione utilizza "pistole più grandi", neanche fosse Schwarzenegger? Ma Routh ha dei debiti con qualcuno, per lavorare a un film a cui chiaramente non crede?
Meglio la spalla comica nota per non essere Groucho? Peccato che l'idea di comicità sia la stessa di Amici miei, ossia non far ridere. E perché inventarsi una nuova dieta per gli zombi o una seduta di terapia, in grado di distruggere questo mito in 5 secondi? O forse dovremmo sogghignare di fronte alle urla e ai piagnistei di questo attore, che a un certo punto diventa insopportabile?
Ma l'aspetto più intrigante è la sceneggiatura, che riesce nella straordinaria impresa di copiare qua e là (forse, per essere fedele all'ultima versione del fumetto?). L'attenzione sui vampiri sembra soltanto una concessione che vuole essere cool. Della serie, visto che vanno di moda, perché non seguire il modello reso famoso da Underworld (ma presente in diverse pellicole) e mettere in contrapposizione licantropi e vampiri? Ma soprattutto, perché farlo cosi, con il capo dei vampiri pseudofichetto, ma con un grado di carisma infimo?
E come rimanere convinti, visto che Dylan Dog (ricordiamolo, un normale essere umano anche nel film) ha ripetuti scontri con queste creature, in teoria molto più forti di lui, ma riesce sempre ad avere la meglio? Magari, ce la fa distraendoli con un po' di fuochi d'artificio (?!?). Mettiamoci anche frasi completamente fuori luogo (ma che servono per parlare goffamente del passato di Dylan) e un flashback che rientra nell'elenco dei 5 meno affascinanti che abbia visto nella mia vita, tanto per rendere il panorama più esaltante. Se poi i realizzatori pensano che le citazioni (clarinetti, foto di Groucho, infinite menzioni di Sclavi) sollevino la situazione, beh auguri.
Poi, se volete, possiamo parlare degli effetti speciali da prodotto televisivo. O forse sarebbe meglio dire, delle maschere di carnevale comprate al supermercato, con trasformazioni di mostri poco convincenti. Senza contare che la creatura più importante sembra un misto tra Predator, Hulk e Toxic Avenger. No, l'Oscar 2012 per i migliori effetti speciali non ha trovato un serio contendente. In questo prodotto pessimo, il doppiaggio/adattamento si dimostra all'altezza, con frasi come "ha circa un metro e settanta" e tante scelte poco convincenti, a cominciare dalle voci dei due protagonisti.
Insomma, come temevo preoccuparsi della fedeltà al fumetto risulta inutile, considerando che anche Italia 1 avrebbe qualche imbarazzo a mandare in onda un prodotto del genere. Sempre che abbia il coraggio di farlo. Ma qui, ormai dovrebbe essere chiaro, il motivo per cui viene da incazzarsi tanto con questa trasposizione non ha molto a che fare con gli artisti, i produttori e i distributori coinvolti. In realtà, la vera rabbia deriva dal vedere quello che avrebbe potuto e dovuto diventare un franchise totalmente italico, affidato a mani straniere che ovviamente lo trattano come se fosse robetta qualsiasi. E' da aspetti come questo che si vede lo stato di salute di un'industria. Peccato che non ci sia nessuno che organizza proteste per questo motivo, come si fa invece per difendere un passato che non può più tornare. Anche se forse la prima ragione sarebbe più valida e pragmatica...