Dylan Dog: E ora, l'Apocalisse!, la recensione
Se con Oggi sposi Recchioni aveva dato un'eccellente interpretazione di meta-fumetto, qui è addirittura riuscito a fare di meglio
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Alla recente Lucca Comics & Games 2019 sono stati due gli episodi della serie regolare di Dylan Dog che Sergio Bonelli Editore ha presentato in anteprima: albi seminali per il futuro editoriale e narrativo dell'Indagatore dell'Incubo. Se Oggi sposi - che uscirà il prossimo 29 novembre - ha fatto scalpore, siamo curiosi di assistere alle reazioni dei fan dell'Old Boy una volta che avranno letto E ora, l'Apocalisse!, in edicola dal 27 dicembre. Per chi non volesse attendere oltre, domani, giovedì 14 novembre, arriva in fumetteria la versione in volume - e in bianco e nero - della storia, quella presentata alla kermesse toscana e di cui andiamo a parlarvi.
Questa latenza di legami e riferimenti tra un capitolo e l'altro – di per sé letture di qualità – si è interrotta con Il suo nome era guerra, di Giovanni Eccher e Luigi Siniscalchi, che tramite un soggetto particolarmente ficcante ci ha mostrato gli effetti nefasti del sinistro bolide in rotta di collisione con la Terra, i quali non hanno risparmiato nemmeno l'ispettore Carpenter. In Morbo M e in Chi muore si rivede, Paola Barbato, supportata rispettivamente dai disegni di Roi e Paolo Armitano, ci ha poi accompagnato, con un crescendo di inquietudine e suspense, al tremendo impatto, mostrato al termine di Oggi sposi, di Recchioni, Stano, Marco Nizzoli, Luca Casalanguida, Nicola Mari e Sergio Gerasi.
Se con Oggi sposi Recchioni aveva dato un'eccellente interpretazione di meta-fumetto, qui è addirittura riuscito a fare di meglio, spalleggiato da un esuberante Stano. Nelle ultime venti pagine va in scena la simbolica esecuzione del creatore del protagonista, Tiziano Sclavi: una sequenza graficamente brutale, quasi splatter, ma dalla sottile valenza simbolica, perché definisce il processo di "superamento" da parte dell'allievo degli insegnamenti del proprio maestro.
Il messaggio è incontrovertibile: nel 2020, a partire dal numero 401, leggeremo il Dylan Dog di Roberto Recchioni, con la benedizione di Sclavi. Emerge lampante quando, dopo l'evento cruciale del racconto, un allusivo balloon recita: “Tutti volevano che lo facessi. Lui più di ogni altro”. Il distacco dal soggetto originale è tale che non ci stupiremmo se la serie - invece che approdare al numero 401, come annunciato - ripartisse da uno, com'è recentemente accaduto a Dragonero.
Resta da capire cosa sia realmente avvenuto per giustificare l'eclatante passaggio dal contesto pre-meteora a quello attuale, coincidente con un radicale cambiamento dello status quo dell'antieroe. Il viaggio onirico, sospeso nel tempo e in compagnia del fedele Groucho affrontato da un Dylan privo di memoria e alla ricerca della propria identità e del proprio passato - così come ci viene illustrato in questo albo - rappresenta una parziale spiegazione in formato meta-fumettistico. Una soluzione tipicamente sclaviana, se vogliamo, nonostante quanto letto nelle pagine precedenti.
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