Dylan Dog Color Fest 17: Baba Yaga, la recensione
Dylan Dog Color Fest propone in questo 17° numero una storia lunga: un delizioso, feroce scherzo chiamato Baba Yaga
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Baba Yaga uscirà in edicola domani. Questo nome rievocherà in molti di voi lo straordinario personaggio del folclore slavo, la fattucchiera che abita in una capanna sospesa da terra su due zampe di gallina e vola dentro un mortaio guidato con un pestello. È lei infatti la coprotagonista di questa bizzarra vicenda con cui la scrittrice lombarda ci spiazza positivamente ancora una volta, con la propria inesauribile creatività e dimostrandoci gli infiniti modi in cui sia possibile declinare un'avventura dell'Old Boy.
Delle mille dimensioni appartenenti alla creatura di Tiziano Sclavi, la Barbato decide di abbracciare quella surreale e fiabesca. La sua sceneggiatura, il tratto immediatamente riconoscibile di Saudelli, ironico, talvolta irriverente, da lussuoso vignettista, e i colori netti, marcati di Oscar Celestini, confezionano una sofisticata horror comedy con un finale decisamente in linea con la qualità generale.