Dylan Dog 382: Il macellaio e la rosa, la recensione
Abbiamo recensito Dylan Dog 382: Il macellaio e la rosa, di Pasquale Ruju e Fabrizio Des Dorides
Tra gli sceneggiatori storici di Dylan Dog, Pasquale Ruju è uno di quelli che hanno maggiore dimestichezza con gli elementi horror e splatter caratterizzanti dei primi albi della testata, editi nei tardi anni Ottanta. Dylan Dog 382: Il macellaio e la rosa è un numero esemplare, in tal senso, in quanto propone una tipologia di storia classica legata al personaggio, nella quale il peso dell'indagine da lui condotta è ben bilanciato con gli elementi più efferati, utilizzati in modo mirato e mai banale.
Nel corso della storia, entrambi avranno un ruolo attivo barcamenandosi tra false piste e scontri inaspettati, in linea con i canoni che rendono interessante un racconto poliziesco. Ruju cambia diverse volte il punto di vista della narrazione, con la presenza dell'assassino che fa capolino tra le indagini per dare il giusto senso di urgenza allo scorrere degli eventi.
Il fumetto propone un risvolto inaspettato nella seconda metà e una risoluzione tipica della letteratura dylaniata. Volendo collocare Il macellaio e la rosa all'interno di un ideale filone narrativo, dopo gli ultimi numeri in cui l'Indagatore si è affacciato su segreti oscuri e strani culti, questo albo rappresenta un ritorno alle origini del personaggio creato da Tiziano Sclavi.
C'è una bella donna che bussa alla porta di Dylan, un mistero inspiegabile e un nemico da incastrare assimilabile a Jack lo Squartatore, perfettamente calato in quella Londra violenta che farebbe sentire in pericolo chiunque capitasse nel posto sbagliato al momento sbagliato: tutti ottimi ingredienti per trascorrere un pomeriggio interessante in compagnia dell'Indagatore dell'Incubo.
Da segnalare la poesia della copertina firmata da Gigi Cavenago, che riassume in una singola immagine una delle caratteristiche chiave dell'antagonista dell'episodio.