Dylan Dog 372: Il bianco e il nero, la recensione

Abbiamo recensito per voi Dylan Dog 372: Il bianco e il nero, di Paola Barbato e Corrado Roi

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Dylan Dog Color 372: Il bianco e il nero, anteprima 01L'affiatamento professionale e umano tra Paola Barbato e Corrado Roi, scoccato proprio sulle pagine di Dylan Dog, è cosa nota. È una sintonia che si è innescata con Il mondo perfetto (Dylan Dog 163, aprile 2000) e si è sviluppata con Il settimo girone (Dylan Dog 202, giugno 2003). Dall'uscita di quell'albo sono passati quasi tre lustri, interrotti lo scorso anno dalla fruttuosa collaborazione che ha dato luogo alla miniserie UT e al suo imminente prequel, UT: L'Inizio.

Lo scorso 29 agosto, il sodalizio si è riallacciato per l'Indagatore dell'Incubo e la sua testata regolare, e ci è parso più solido e armonico che mai. La Barbato ha composto un soggetto e articolato una sceneggiatura ideali per la mano e l'eleganza inconfondibili di Roi. È una partitura perfetta che il maestro di Laveno ha interpretato con un'esecuzione sontuosa.

Il bianco e il nero è infatti una deliziosa favola horror in cui si possono intravedere delle verosimiglianze che rimandano a un portavoce del genere come Tim Burton. Tuttavia, è un viaggio marcatamene psicologico nell'inconscio del protagonista, il quale rischia di perdere la vista; scoprirà nel corso della storia di aver smarrito qualcosa di molto più prezioso per lui, essenziale alla sua natura, al suo essere.

Dylan Dog Color 372: Il bianco e il nero, anteprima 02Trasportato dall'Uomo Nero nella propria dimensione, quella della paura, personificatasi in una donna sensuale e oscura, l'Old Boy capirà di ricoprire un ruolo assai curioso; dovrà inoltre assolvere a un compito per nulla semplice e riconquistarsi così la via del ritorno.

In questa storia riaffiorano con carattere alcune delle atmosfere stilistiche tipiche del personaggio care a Tiziano Sclavi, tanto che possiamo inserirla tra quelle dal sapore più classico del nuovo corso. Narrativamente è l'ironia a dominare: Dylan si ritrova trascinato quasi di forza sulla scena e si muove con la consueta inadeguatezza, con quella fragilità poetica che ne hanno fatto uno degli antieroi per eccellenza della Nona Arte.

Graficamente, la cupa e suggestiva copertina di Gigi Cavenago ci schiude un vero e proprio confronto tra i due colori che vengono citati nel titolo. Il bianco e il nero assumono spessore, vita e diventano elementi primordiali che plasmano la pagina soverchiandosi a vicenda per dominare l'uno sull'altro anche solo per una singola vignetta. Lo spettacolo è offerto dal Signore delle Ombre (com'è stato definito all'ultima ALEcomics), appellativo mai così azzeccato per un artista indiscutibile del panorama fumettistico italiano e internazionale.

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