Dylan Dog 372: Il bianco e il nero, la recensione
Abbiamo recensito per voi Dylan Dog 372: Il bianco e il nero, di Paola Barbato e Corrado Roi
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Lo scorso 29 agosto, il sodalizio si è riallacciato per l'Indagatore dell'Incubo e la sua testata regolare, e ci è parso più solido e armonico che mai. La Barbato ha composto un soggetto e articolato una sceneggiatura ideali per la mano e l'eleganza inconfondibili di Roi. È una partitura perfetta che il maestro di Laveno ha interpretato con un'esecuzione sontuosa.
Trasportato dall'Uomo Nero nella propria dimensione, quella della paura, personificatasi in una donna sensuale e oscura, l'Old Boy capirà di ricoprire un ruolo assai curioso; dovrà inoltre assolvere a un compito per nulla semplice e riconquistarsi così la via del ritorno.
In questa storia riaffiorano con carattere alcune delle atmosfere stilistiche tipiche del personaggio care a Tiziano Sclavi, tanto che possiamo inserirla tra quelle dal sapore più classico del nuovo corso. Narrativamente è l'ironia a dominare: Dylan si ritrova trascinato quasi di forza sulla scena e si muove con la consueta inadeguatezza, con quella fragilità poetica che ne hanno fatto uno degli antieroi per eccellenza della Nona Arte.