Dylan Dog 367: La ninna nanna dell’ultima notte, la recensione
Abbiamo recensito per voi Dylan Dog 367: La ninna nanna dell’ultima notte, di Barbara Baraldi e Corrado Roi
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Il titolo della storia e la copertina di Gigi Cavenago introducono i due elementi portanti della vicenda, i bambini e il parco giochi: due figure rassicuranti che muovono tenerezza e simpatia, ma che, se declinati in qualcosa di inquietante e diabolico, diventano soggetti straordinari per il genere horror, come dimostra una lunga filmografia e tanta letteratura.
L'intreccio si complica quando entra in scena uno strano burattinaio, il greco Markus Kouvas, con l'inquilino di Craven Road 7, la dottoressa e il detective Rania Rakim che finiscono imprigionati durante un incontro pubblico voluto dai genitori dei figli scomparsi, minacciati dagli stessi bambini trasformatisi in pericolosi psicopatici.
L'effetto sarebbe più deludente se l'albo non fosse sorretto dall'arte di un Corrado Roi più buio, onirico e trascendentale che mai. L'esperienza di UT ha probabilmente fatto evolvere ulteriormente il tratto e lo stile dell'artista: Domitilla, alcuni personaggi secondari, diversi passaggi scenici e perfino la regia di certe tavole sembrano come suggerite dall'opera concepita insieme a Paola Barbato. Splendida, inoltre, la sua Rania.
Provate a sfogliare, a scorrere velocemente il volume: nella sua logica sequenziale vi riscontrerete un ritmo che intende trasmettere angoscia e sgomento; queste emozioni si attenueranno considerevolmente non appena vi immergerete nella lettura. Per quanto la sceneggiatura sia efficace - come tutte quelle finora realizzate dalla Baraldi - il sottile filo del discorso appare fragile, così come i dialoghi e la filastrocca riportata nelle didascalie: una spezia che forse solo uno chef stellato come Tiziano Sclavi sa usare con parsimonia e maestria.
L'episodio finisce così per risultare malinconico nei confronti del passato editoriale del personaggio e del suo creatore, quando invece la scrittrice emiliana ha già dimostrato da tempo di poter rappresentare una parte del suo futuro.