Dylan Dog 363: Cose perdute, la recensione

Dylan Dog 363: Cose perdute, di Paola Barbato e Giovanni Freghieri, è un albo da incorniciare

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Dylan Dog 363 arriverà in edicola martedì 29 novembre e sarà ancora una volta un albo storico per la testata; il terzo di fila, dopo quello contrassegnato dal ritorno di Tiziano Sclavi e il seminale Mater DolorosaCose perdute è infatti il primo brossurato che vede all'opera Gigi Cavenago quale nuovo copertinista della serie regolare: un ruolo prestigioso, meritato e parimenti oneroso che lo vede succedere a un artista del calibro di Angelo Stano.

Il compito è tutt'altro che semplice anche per chi deve avvicendarsi alla penna sul numero successivo a quello che ha ridato il benvenuto al creatore del personaggio. Parliamo tuttavia di un autrice come Paola Barbato che ha dimostrato come pochi altri suoi colleghi di possedere un'intesa speciale con l'antieroe di Sclavi. Cose perdute ne è la riprova: la scrittrice lombarda dà il meglio di sé regalandoci una delle più belle storie di sempre da lei realizzate per Dylan Dog.

La trama ci offre uno sprazzo dell'infanzia del protagonista - finora praticamente ignota - e della sua vita felice in compagnia dei nonni a Crossgate. A riportarlo al luogo dove ha vissuto fino a vent'anni sono una successioni di strani eventi, voci e presenze che hanno provato nel fisico e nella mente a tal punto l'Old Boy da convincerlo a chiedere il parere di uno psichiatra, cedendo all'insistenza del vecchio amico Bloch. L'ex ispettore di Scotland Yard, dal canto suo, torna in pista per indagare su una serie di misteriosi omicidi che sembrano avere un filo conduttore, interagendo con chi ha raccolto la sua eredità: Carpenter e la sua assistente Rania Rakim. Sulla drammatica e dolorosa vicenda in cui viene inghiottito l'Indagatore dell'Incubo si innesta dunque l'agire di un inquietante assassino che riserva alle proprie vittime stravaganti e atroci morti.

Muovendosi su un raro equilibrio tra buio e luce interiore, ferocia e tenerezza, immaginazione e logica, Cose perdute possiede una struttura e una coerenza sequenziale compiuta, un ritmo perfetto, suspense e imprevedibilità.

Vi basta? Perché, oltre a tutto ciò, a disegnare questa storia è Giovanni Freghieri, una delle matite più note e amate dal pubblico dylaniato. Il suo tratto affascinante e inimitabile riesce a stupire per la facilità con cui gioca con bianco e nero e il loro contrapporsi. La sua forza visiva e la sua potenza scenica sono ideali per valorizzare la sceneggiatura della Barbato.

Cose perdute è un albo completo sotto ogni punto di vista, uno spettacolo, dalla copertina all'ultima pagina: un Dylan Dog da incorniciare.

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