Dylan Dog 360: Remington House, la recensione

Con Dylan Dog 360, Paola Barbato e Sergio Gerasi ci accompagnano dentro la sinistra Remington House...

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Dylan Dog 360: Remington House, anteprima 01Paola Barbato torna sulla serie regolare di Dylan Dog, dopo l'ottimo L’uomo dei tuoi sogni dello scorso marzo, in coppia con Sergio Gerasi, la cui ultima apparizione sul mensile dell'Indagatore dell'Incubo risale invece a oltre un anno fa, con Gli spiriti custodi.

In qualche modo, Remington House si riallaccia per argomento - i fantasmi - all'ultima prova dell'artista milanese, scritta da Luigi Mignacco. Qui tuttavia il clima è assai più greve, lo potete intuire dalla cupa copertina del brossurato, in cui Angelo Stano ci mostra sullo sfondo la lugubre costruzione vittoriana protagonista della vicenda.

Questa volta il nostro Old Boy non vuole affatto accettare il caso che gli viene offerto dalla stravagante Tara, la ragazza che si guadagna da vivere facendo la guida per turisti nella tetra magione che dà il titolo alla storia. Questa, senza molti convenevoli, si mostra presto come una sfacciata opportunista, in competizione per il posto di lavoro con l'istrionico collega Kevin; per non venire licenziata intende inoltre sfruttare a proprio vantaggio l'esperienza che Dylan fece come agente di polizia ai tempi in cui Isaiah Remington impazzì e andò in scena l'intero massacro di una famiglia.

Dylan Dog 360: Remington House, anteprima 02La trama si ispira a un soggetto che può richiamare alla mente un'opera come Shining, sia il capolavoro letterario di Stephen King che l'altrettanto straordinario adattamento cinematografico di Stanley Kubrick. In questo caso però la possessione non si riduce a un unico individuo ma esplode quasi come un'epidemia coinvolgendo quasi tutti, perché la chiave della soluzione è ovviamente in mano all'inquilino di Craven Road n. 7.

Questo non è probabilmente il racconto più memorabile della Barbato, ma la scrittrice, una delle migliori penne del fumetto mostrano, dà vita a un episodio perfetto dal punto di vista della sceneggiatura: briosa, esplosiva e con una buona dose di sano, vecchio splatter. Non manca inoltre il verso sarcastico alla morbosa e spesso insana attrazione del pubblico verso i luoghi di famigerati omicidi.

Il valore aggiunto al risultato finale appartiene all'interpretazione grafica e creativa di Sergio Gerasi: flashback, incubi e folli aggressioni vengono impressi magnificamente in ogni vignetta, come riflessi attraverso una lente, da una prospettiva diabolica. L'albo è complessivamente molto godibile, un Bloody Mary ghiacciato in un'estate tremendamente afosa.

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