Dylan Dog 356: La macchina umana, la recensione

Dylan Dog 356: La macchina umana è una straordinaria trasposizione romanzesca dell'attuale condizione lavorativa del dipendete italiano

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Non ci stancheremo mai di sottolineare quanto il nuovo corso di Dylan Dog, voluto da Sergio Bonelli Editore e guidato da Roberto Recchioni, abbia rinnovato nella tradizione la creatura di Tiziano Sclavi, proponendo un prodotto moderno e di qualità.

Questo numero 356, che troverete il 29 aprile prossimo in edicola, ne è l'ennesima prova. La storia, affidata al più esistenzialista e riflessivo degli scrittori dell'Indagatore dell'Incubo (non ce ne vogliano gli altri), Alessandro Bilotta, è un piccolo capolavoro.

Ritroviamo inspiegabilmente il protagonista tra le fila degli impiegati di una delle società appartenenti al suo acerrimo nemico della fase 2.0, colui che ha preso il posto di Xabaras: John Ghost. La Daydream, i suoi dirigenti e i suoi dipendenti, rappresentano la versione più esasperata ma drammaticamente reale della azienda tipo italiana.

La macchina umana è la lente d'ingrandimento che attraverso il filtro distorcente ma razionale ed emotivo al tempo stesso della finzione romanzesca, mette a nudo l'attuale classe dirigente del Bel Paese, votata unicamente al profitto e al proprio tornaconto, in cui il sottoposto è solo carne da macello, sacrificabile o sostituibile tanto quanto ogni ingranaggio di un meccanismo che non può e non deve permettersi il lusso di fermarsi. La persona diventa risorsa, come un qualunque materiale in dotazione all'azienda. Si vive per essa, si muore per essa.

Ma anche la vittima, il ceto medio, sempre meno medio e più terra terra, è complice di un sistema perverso che ha contribuito ad alimentare. C'è il caporeparto insensibile, il collega opportunista e il vicino di scrivania incapace di reagire a ogni sopruso; in ognuno di loro ritroviamo noi stessi, le nostre debolezze, il nostro meschino egoismo nel difendere il piccolo orto che ci siamo costruiti a fatica.

Il fumetto, disegnato alla sua prima apparizione sulla testata regolare da Fabrizio De Tommaso, ha lo stile graffiante ed essenziale necessario per un tema del genere. Il suo Groucho è iconico e al contempo personale. L'assistente di Dylan ricopre un ruolo da vero comprimario, come non si vedeva da tempo. Non è solo irresistibile, con alcune battute indimenticabili, ma diventa quasi la voce di una coscienza che incarna un sentire comune e diventa specchio e monito dei tempi:

Come crescono in fretta! Un attimo prima sono giovani pieni di sogni e speranza che faticosamente si alzano in piedi per camminare nel mondo--- L'attimo dopo sono uomini adulti che strisciano sulle spalle per scappare dal mondo!

Qual è lo scopo della vita? Diventare più umani o produrre di più?

C'è una risposta, un lieto fine? Questo episodio vi illuderà e confonderà come mai prima d'ora. È solo un sogno? O l'incubo va avanti? Per gran parte dei giovani assunti e per molti dei lavoratori di oggi, sembra essere la seconda domanda quella più opportuna.

In questo episodio, Dylan Dog è sontuosamente calato nel presente, nel nostro tessuto sociale, tanto che lo capirete e lo sentirete come un pugno allo stomaco.

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