Dylan Dog 352: La calligrafia del dolore, la recensione
La calligrafia del dolore chiude egregiamente con l'ennesima ragguardevole prova di valore un 2015 di assoluta qualità per la testata ammiraglia dedicata a Dylan Dog
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Una vecchia fiamma del protagonista, Diane, acquista la splendida magione di Mooncaster Manor, appartenuta in precedenza a un nobile decaduto e l'Old Boy viene invitato dalla sua ex alla festa di inaugurazione della tenuta. La donna non è solo ancora invaghita di lui ma preoccupata da un atmosfera sinistra, maligna, che aleggia tra le immense sale dell'edificio. L'Indagatore dell'Incubo accetta il caso, si ferma a trascorrere la notte nella sfarzosa dimora e per poco non viene sgozzato. Inizia dunque a investigare seriamente sull'accaduto e viene contattato dall'avvenente Anne, che gestisce un'officina con altri tre soci. Anche in questo caso si scatena un terribile disgrazia. Qual è il diabolico legame che accomuna le due tragedie?
Volendone estrarre e sintetizzare all'estremo il messaggio, la storia è una metafora sulla leggerezza di alcuni nostri atti che riteniamo scontati, dovuti, necessari. Appartengono a un protocollo, a regole sulle quali mai ci fermiamo a riflettere ne ci preoccupiamo di loro possibili conseguenze. L'orrore può nascere pure dall'avventatezza con cui compiamo azioni che, ingenuamente, crediamo non abbiano effetti. La calligrafia del dolore chiude egregiamente con l'ennesima ragguardevole prova di valore un 2015 di assoluta qualità per la testata ammiraglia dedicata al personaggio capolavoro, nato dal genio di Tiziano Sclavi, rinato grazie all'intuizione e al carattere di Roberto Recchioni e al supporto di Sergio Bonelli Editore.