Dylan Dog 351: In fondo al male, la recensione
In fondo al male segna l'esordio sulla testata regolare di Dylan Dog di Ratigher e Alessandro Baggi
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Vi avevamo lasciati quest'estate con un titolo e una data a proposito dell'esordio di Ratigher, al secolo Francesco D’Erminio, sulla seconda collana più venduta di Sergio Bonelli Editore: Dylan Dog. Entrambi i dati vanno corretti. Il male sotto il mare è diventato In fondo al male e l'appuntamento è stato anticipato da metà del 2016 a questo mese, il 25 novembre, per la precisione.
La trama scorre fluida e rivela la straordinaria semplicità narrativa con cui Ratigher è capace di tessere un intreccio efficace di situazioni, dialoghi e gustose scenette. Questo, più che il soggetto del fumetto, talvolta evanescente, dà sostanza alla storia insieme al fascino del tratto di Baggi. L'incredibile splash-page che incontriamo a tre quarti del brossurato, è un'interpretazione quasi post impressionista dell'Old Boy, ovviamente in versione horror. Può considerarsi la tavola emblematica di una avventura originale sulle paure e i pregiudizi che agitano l'animo umano. Il male che son si vede, che viene solo raccontato o che si manifesta indirettamente in atti di pura follia o di crudeltà gratuita è ciò che spaventa di più. Ciò che sfugge alla ragione, l'assurdità e l'infondatezza della violenza fisica e psicologica emergono da questo episodio che riscontriamo in piena sintonia con la tradizione, quella visionaria del personaggio.