Dylan Dog 349: La morta non dimentica, la recensione

Con Dylan Dog 349: La morta non dimentica, torna dopo un anno l'affiatatissima coppia Paola Barbato e Bruno Brindisi e con loro e riecco Nora e Gus...

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


Condividi

Riecco dopo quasi un anno l'affiatatissima coppia Paola Barbato e Bruno Brindisi e con loro tornano Nora e Gus, i non morti lanciati dai due autori in Dylan Dog 338: Mai più, ispettore Bloch, che si sono subito conquistati un rilevante numero di fan.

Sono effettivamente due figure ben delineate, convincenti da un punto di vista estetico e narrativo. Hanno bucato la bidimensionalità delle comparse e si sono conquistati, a giudicare da questo secondo episodio che li vede coinvolti, un posto fisso tra i personaggi del nuovo corso dell'Indagatore dell'Incubo.

Quest'ultimo avrà d'ora in avanti un'implacabile e spietata nemica nella figlia della potente famiglia mafiosa dei Cuthbert, capace finora di creargli molti più problemi della sua nemesi John Ghost.

Il vero coprotagonista della storia è tuttavia l'ex ispettore Bloch. È lui a presentarsi insieme a Jenkins nei panni di un improbabile cliente all'indirizzo di Craven Road 7 per denunciare lo strano comportamento di una amica, dopo aver perso l'inseparabile marito.

Sempre Bloch diventa suo malgrado l'esca per incastrare il protagonista e ancora lui riesce a far colpo sulla sua carnefice, altra figura assai peculiare che andremo certamente a ritrovare più avanti. La morta non dimentica è un fumetto divertente ma più serioso e crudo della precedente prova del duo Barbato – Brindisi; non risparmia momenti alquanto drammatici al lettore e ci offre un'ennesima conferma della versatilità della scrittrice lombarda, qui in versione particolarmente tagliente e spietata.

Un ulteriore tassello di qualità si aggiunge all'intrigante mosaico del rilancio di Dylan Dog. In un'ideale classifica relativa alle uscite che hanno contribuito a comporlo ed espanderlo, quest'albo è da inserire immediatamente ai primi posti per la freschezza della sceneggiatura, del soggetto, delle situazioni.

Sui disegni di un maestro come Bruno Brindisi è difficile esprimere qualcosa di originale. Il suo Old Boy è unico, così come unica è la sua facilità nel giocare con il bianco e il nero delle matite e degli inchiostri.

Continua a leggere su BadTaste