Dylan Dog 348: La mano sbagliata, la recensione

Dylan Dog 348: La mano sbagliata è il battesimo di Barbara Baraldi sulla serie regolare, un'eccellente presentazione agli esigentissimi fan dell'Old Boy

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Il Dylan Dog di agosto vede ai testi Barbara Baraldi, scrittrice poliedrica e non convenzionale del panorama italiano, autrice di gialli, fantasy e letteratura per ragazzi. Professionista dal 2007, ha vinto svariati premi pubblicando per le maggiori case editrici nostrane.

Date le premesse è dunque giustificata l'aspettativa suscitata in pubblico e critica da La mano sbagliata. Si tratta infatti del suo battesimo sulle pagine della serie regolare, dopo il debutto con il personaggio ideato da Tiziano Sclavi avvenuto con Il bottone di madreperla, uscito su Dylan Dog Color Fest 9 di due anni fa.

Anticipiamolo senza fronzoli: questo numero che abbiamo avuto il piacere di gustarci in anteprima ci è parso subito di notevole qualità, la miglior presentazione agli esigentissimi fan dell'Old Boy, attestando un grande acquisto per il team creativo dell'Indagatore dell'Incubo.

La trama intessuta sul mondo della pittura e incentrata sul fascino della coprotagonista, l'artista di successo Anita Novak, così come quello della conturbante rivale Rita Leigh, crea un trasporto immediato. Il soggetto è un noir ben congegnato in cui ognuno dei personaggi coinvolti è il potenziale assassino, anche se la principale sospettata è la stessa Anita, il cui estro si è votato alla rappresentazione maniacale della morte dopo un grave incidente subito.

La Baraldi dimostra di conoscere bene il mondo che ruota attorno a Craven Road n. 7, offrendoci una delle più convincenti interpretazioni dell'ispettore Carpenter e una personale e alternativa di Groucho, la cui comicità non è espressa tramite le consuete battute, ma riservandogli una vera e propria gag.

Il racconto è avvincente, intrigante e trasmette l'eleganza tipica di una penna femminile, ma grazie al supporto grafico di un superbo Nicola Mari, riversa tutta la sensualità, il raccapriccio e la morbosità della vicenda narrata. Il talento ferrarese è ormai a tutti gli effetti uno dei disegnatori più rappresentativi della testata. Al suo Dylan va conferito un merito elitario, quello di aver conquistato nell'immaginario dei lettori un'iconicità e un magnetismo riconosciuti solo ad autori seminali della collana come Bruno Brindisi, Corrado Roi, Giampiero Casertano, Giovanni Freghieri e lo stesso copertinista Angelo Stano.

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