Duplicity
Due spie, due colossi industriali e una scoperta sensazionale. Il candidato all'Oscar Tony Gilroy e le star Julia Roberts e Clive Owen non bastano a sostenere una pellicola arzigogolata e soporifera...
Recensione a cura di ColinMckenzie
TitoloDuplicityRegiaTony GilroyVoci originali
Clive Owen, Julia Roberts, Tom Wilkinson, Paul Giamatti, Dan Daily, Lisa Roberts Gillan Uscita27 marzo 2009
Per capire questo film, pensate ai migliori film di David Mamet (chessò, La casa dei giochi) e magari ai migliori dialoghi di Quentin Tarantino (chessò, Pulp Fiction). Fatto? Ecco, ora pensate al senso di delusione che avete provato quando avete visto gli ultimi film di Mamet (chessò, Il colpo) e avete sentito i dialoghi di Grindhouse - A prova di morte. Duplicity cerca di mettere assieme questi due eventi (negativi), aggiungendoci anche un tocco di Ocean's Eleven (ma facendo rimpiangere la serie di Soderbergh ed è tutto dire) e un po' di commedia romantica-gialla vecchio stile (L'uomo ombra) e più recente (Mr. e Mrs. Smith). Oh, se avete dei dubbi: fallisce anche in quel senso.
Credo che il 'merito' di tutto ciò vada equamente diviso tra regista e cast. Tony Gilroy, dopo le sceneggiature della serie di Jason Bourne e il lavoro svolto su Michael Clayton, probabilmente ha pensato di essere un genio, in grado di mischiare abilmente vari generi. Purtroppo non lo è, come dimostra anche la scena iniziale sui titoli di testa (con un finale divertente, ma comunque troppo lunga e fasulla) e tanti dialoghi ultradilatati che non fanno ridere nessuno. Julia Roberts si affida al suo armamentario, sfoggiando a tratti il sorrisone Mystic Pizza/Pretty Woman, ma soprattutto il tono da "sono un'attrice seria" di Erin Brockovich. Clive Owen manca del necessario carisma per essere il Cary Grant che serviva a questo film. Di sicuro, se non riesce a fare bene lo spione industriale, ci si chiede come abbiano potuto considerarlo per 007. La cosa peggiore è che la sintonia tra i due è altalenante, ma crolla decisamente quando si punta sul sentimentale (anche perché, dopo quasi due ore di giochetti cerebrali, ormai i sentimenti ci eravamo dimenticati che esistessero nel mondo di Duplicity). Paul Giamatti poi va fermato, perché ormai è troppo sopra le righe in diversi film e risulta francamente fastidioso. Si salva bene Tom Wilkinson, talmente bravo che stona decisamente con i suoi colleghi.