Due figlie e altri animali feroci, la recensione

Abbiamo recensito per voi Due figlie e altri animali feroci, libro autobiografico di Leo Ortolani

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Due figlie e altri animali feroci

A fine '800, Edmondo De Amicis aveva raccontato la storia di Marco, un bambino che intraprende un lungo viaggio dagli Appennini alle Ande per raggiungere la madre. Sono passati nove anni da quando Leo Ortolani e sua moglie Caterina hanno affrontato la medesima tratta, non per andare alla ricerca del genitore di uno di loro, bensì di due figlie.

Dopo un'odissea burocratica fatta di lunghe attese e colloqui con i servizi sociali, la coppia è migrata in Colombia per cominciare una nuova vita assieme alle sorelline Johanna e Lucy Maria. Durante il viaggio, il fumettista ha inviato una serie di e-mail agli amici italiani per tenerli aggiornati sull'avventura sudamericana; questi scritti telematici sono stati raccolti nel volume Due figlie e altri animali feroci, riproposto di recente da BAO Publishing in una nuova edizione, a otto anni dalla pubblicazione dell'ormai introvabile versione originale.

Ufficialmente questo libro rappresenta l'esordio di Ortolani nella narrativa non disegnata, ma tra rubriche della posta, racconti sul blog e articoli redazionali, nel corso degli anni l'autore aveva già dimostrato in più occasioni di saper raccontare senza l'ausilio delle immagini, conservando il suo talento umoristico e i suoi efficaci tempi comici. La risata, in questo frangente, non è fine a se stessa: è un modo per trattare al meglio un tema attraverso il quale si può facilmente scadere nella retorica, alleggerendo anche gli aspetti più duri del processo di adozione.

"È un modo per trattare al meglio un tema attraverso il quale si può facilmente scadere nella retorica, alleggerendo anche gli aspetti più duri del processo di adozione"Durante la lettura sembra quasi mancare una pianificazione, a causa della semplicità dell'intreccio derivata dall'origine epistolare del racconto, che inizia ben prima dell'imbarco verso il Sud America, seguendo il tortuoso iter che ogni genitore adottivo deve affrontare; nonostante l'ironia di fondo, traspaiono la rabbia e la frustrazione che montano durante il processo, evitando critiche dirette ai soggetti coinvolti ma lasciando maturare nel lettore un giudizio verso queste lungaggini. Una volta che la narrazione si sposta in Colombia, è invece tangibile la sensazione di spaesamento che un viaggiatore italiano può provare trovandosi di fronte alla povertà e in generale alle difficoltà con cui devono convivere gli abitanti del luogo.

In seguito, dopo essersi conquistato il tanto agognato ruolo di genitore adottivo, Ortolani si trova a dover domare due piccoli uragani, affrontando tanti piccoli ostacoli quotidiani: l'incapacità di esprimersi in uno spagnolo sufficientemente distante dal dialetto veneto, i pannolini da cambiare, l'iperattività, gli atteggiamenti imbarazzanti e soprattutto un rapporto genitore-figlio che deve ancora trovare il giusto equilibrio. In certi passaggi, la sensazione è quella di trovarsi in compagnia di uno di quei neo-papà che continuano a mostrare le foto dei figli e raccontano delle loro cacche come se fossero estremamente avvincenti... e infatti l'autore è diventato un perfetto esponente di questa categoria, ma ne è consapevole e sa cavalcare la nuova identità con tanta autoironia.

Due figlie e altri animali feroci

Le "belve" non danno origine solo a nuove incombenze, ma si rivelano soprattutto una grande fonte di emozioni, rappresentate nel libro con grande delicatezza: anche il semplice passaggio di un autobus può celare la poesia, una connessione tra passato e futuro che le bambine porteranno sempre con loro. Non mancano il cuore e il sentimento in Due figlie e altri animali feroci, e si percepisce l'urgenza dell'autore di raccontare un tema a lui molto caro; non è un caso se la saga di Rat-Man si sia conclusa - qualche anno dopo la scrittura di questo libro - ponendo un forte accento sulla relazione padre-figlio.

Il testo è inframezzato da brevi fumetti, tra vignette datate 2011 ed episodi di poche tavole realizzati appositamente per la nuova edizione di BAO Publishing: un grande valore aggiunto, con l'autore che si muove con maestria nel medium a lui più congegnale. La continua alternanza di contenuti realizzati ad anni di distanza - palesata tramite le firme dell'autore - risulta però discontinua e il flusso della narrazione penalizzato: in più occasioni, le pagine a fumetti inedite anticipano aneddoti che vengono raccontati in prosa qualche pagina dopo, oppure ripetono con l'aggiunta di una gag qualcosa che il lettore aveva letto poco prima; una ridondanza che in qualche modo tradisce l'originale impostazione del libro, suddiviso in due differenti fasi temporali.

Detto ciò, questa struttura eterogenea rende Due figlie e animali feroci una sorta di carnet di viaggio che ripropone in un lussuoso cartonato l'opera che ha mostrato per la prima volta l'indole di Ortolani di trattare tematiche sociali in maniera più approfondita di quanto fatto in precedenza, con Rat-Man e Oh! Il libro delle meraviglie. La voce dell'autore è messa al servizio di una storia autobiografica, questa volta non incentrata sulla sua carriera o sul suo rapporto con l'Arte, ma su un aspetto ancor più intimo e personale.

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