Due agenti molto speciali, la recensione
In tutto e per tutto sulla scia di Quasi amici, la nuova commedia con Omar Sy tenta di applicare il filtro del poliziesco per ripetere il medesimo schema...
E' quasi da apprezzare il tentativo sottilissimo, al limite del subliminale, di agganciare questo nuovo film con Omar Sy all'altro ben più noto che in italiano era tradotto con Quasi amici, attraverso l'uso della parola "quasi" in un contesto che più generico non si può, riuscendo anche a dare il senso di commedia (applausi!) di un film che in realtà si intitola (più o meno) "l'altro lato della periferia", alludendo alla contrapposizione tra quartieri alti e bassi che domina tutto il film.
La base è dichiaratamente il buddy movie all'americana, quello in stile 48 Ore o Danko, con espliciti riferimenti a Beverly Hills Cop e Joss il professionista. E proprio nel suo dichiarare i modelli e girare un film i cui personaggi aspirano a somigliare ai corrispettivi di altri film, David Charon, trova la chiave per l'originalità del progetto, che altrimenti rischiava di diventare solo una blanda riproposizione di uno schema narrativo statunitense in ambientazioni europee (quello che negli anni '90 fecero i Vanzina con Piedipiatti).
Come spesso accade però, anche in questo caso è inevitabile la tirata retorica contro i poteri forti, la lotta ai grandi speculatori che tengono la periferia nello stato disastroso in cui versa e la relativa individuazione di un nemico tanto generico quanto innocuo. E' questo uno dei molti indicatori che Due agenti quasi speciali, nonostante la trama e i suddetti riferimenti, in realtà non è un poliziesco ma una commedia a tutti gli effetti.
Soprattutto perchè, è impossibile non considerare come il contrasto messo in scena dal personaggio di Omar Sy, sia il medesimo alla base del successo di Quasi amici: il povero catapultato in un mondo di ricchi uomini d'affari che non comprende e nel quale si muove con un misto efficace di goffaggine e abile spontaneità.