Drug Dealer Simulator, come Breaking Bad o quasi | Recensione
Drug Dealer Simulator non nasconde le sue ambizioni, proponendo meccaniche a loro modo frastagliate, che riproducono le varie fasi in cui si snoda l’attività di un pusher
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Dopo essere stati capre, fattori e persino oche dispettose, alla lista dei simulatori tra il serio ed il faceto si aggiunge Drug Dealer Simulator, esperienza ben riassunta dal titolo, totalmente sconsigliata a chi non concepisce opere politicamente scorrette che, come se non bastasse, veicolano un messaggio di per sé sbagliato, tramutando un’attività illecita in un piacevole passatempo.
Il punto di vista adottato nella simulazione, non è certamente quello dell’acculturato Walter White, produttore di metanfetamina suo malgrado che alla lunga si fa prendere la mano. Non è nemmeno quello di Jesse Pinkman, il cui potente conflitto interiore gli impedisce di godersi le ricchezze accumulate. Nell’avventura, semmai, il termine di paragone da avere in mente è Badger, il classico perdigiorno, sempre strafatto, con i conti dannatamente in rosso.
A differenza della simpatica macchietta della serie di Vince Gilligan, il protagonista nutre un minimo di ambizione. Ecco perché decide di ribellarsi al torpore annichilente che avvolge la sua esistenza, di rimboccarsi le maniche con l’obiettivo di diventare lo spacciatore numero uno della città in cui vive.
Drug Dealer Simulator palesa sin dai primi minuti di gioco due caratteristiche fondamentali. Da una parte un comparto grafico limitato, persino abbozzato ed embrionale in certe animazioni, in alcune strutture poligonali. Allo stesso tempo, sfoggia uno stile tutto suo, una ricchezza espressiva notevole che si traduce in una propensione alla citazione, all’ironia, allo stereotipo. Il modello di riferimento, in questo senso, è chiaramente GTA, saga che più di molte altre traveste profonde critiche alla contemporaneità, sotto un velo di misurata esagerazione e brillante sarcasmo.
La strategia comunicativa, in soldoni, è la stessa. Immergersi in uno scenario credibile, ma esacerbato in alcune sue componenti, per divertire, certo, ma anche offrire una visione solo parzialmente distorta e demenziale su una realtà illecita, ma esistente e con cui è inevitabile fare i conti.
Anche sul fronte del gameplay, Drug Dealer Simulator non nasconde le sue ambizioni, proponendo meccaniche a loro modo frastagliate, che riproducono le varie fasi in cui si snoda l’attività di un pusher.
Si parte dalla produzione home made. C’è la possibilità di recuperare droghe da un provider ben fornito. Lo spaccio si può effettuare sia in pieno giorno, che di notte, dove i controlli della polizia sono più serrati, ma le ricompense maggiori. Non manca la possibilità di espandere la propria attività, sia ingaggiando qualcuno che faccia il lavoro sporco in certe zone della città, sia acquistando nuovi appartamenti che fungano da basi operative.
[caption id="attachment_212253" align="aligncenter" width="1000"] Se verrete intercettati dalla polizia verrete inevitabilmente perquisiti[/caption]
Purtroppo, i ragazzi di Byterunners Game Studio non sono riusciti a creare un’esperienza equilibrata ed ugualmente interessante in ogni sua parte. Produrre nuove droghe che aumentano la dipendenza dei clienti è sulla carta molto interessante, ma all’atto pratico si risolve in operazioni automatiche e noiose. Nascondersi dalla polizia regala momenti di grande adrenalina, ma i piedipiatti tendono a pattugliare sempre le stesse zone, a comportarsi sempre negli stessi modi. Racimolare denaro per ampliare il proprio giro d’affari imprime un discreto senso di progressione al gioco, ma creare il proprio impero richiede enorme pazienza e una lunga serie di passaggi obbligatori.
In sostanza, Drug Dealer Simulator si perde in fin troppi convenevoli, annacquando il divertimento in un gameplay paradossalmente fin troppo simulativo. Al pari di un Farming Simulator qualsiasi, si evince che quello del pusher è un “mestiere” per lo più ripetitivo, cadenzato da incombenze ed automatismi asfissianti.
Un vero peccato, visto che il contesto narrativo ed artistico che sorregge la produzione è tutt’altro che disprezzabile ed in certe fasi divertimento e tensione non mancano affatto.
Consigliato quindi, ma solo agli appassionati di videogiochi alternativi e di simulazioni bizzarre.