Driveclub VR, il nuovo modo di intendere i giochi di corse - Recensione

Imperfetto, eppure praticamente imperdibile: la recensione di Driveclub VR

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Tutti fanno la stessa cosa. Nessuno escluso.
Si siedono di fronte allo schermo, inforcano il visore e tentano di afferrare il freno a mano, di abbassare i finestrini azionando il pulsante, di giudicare la qualità costruttiva degli interni toccando le plastiche dell’abitacolo.

Una volta in marcia ci si comincia a guardare attorno, stupiti, sentenziando, nel giro di un paio di rettilinei, che c’è stato un prima, molto più statico anche se in possesso di volante e postazione di guida, e un dopo, in cui il corpo diventa realmente parte integrante dell’esperienza che vuole e può offrire un racing.

[caption id="attachment_162256" align="aligncenter" width="600"]Driveclub VR screenshot Gli sviluppatori hanno ben pensato di liberare il più possibile lo schermo da qualsiasi indicatore e icona. La maggior parte delle informazioni, relative ai tempi sul giro e obiettivi raggiunti, vengono visualizzati dalla strumentazione di bordo dell’auto di turno. Una trovata piuttosto azzeccata.[/caption]

Affiancati da un avversario ci si volta per calcolare se l’ostacolo si frappone tra noi e la traiettoria ideale. Ci si sporge per dare un’occhiata agli specchietti retrovisori. Si inclina il corpo in curva, un po’ perché viene naturale farlo, un po’ perché aiuta a impostarla meglio, intuendo in anticipo l’angolo ideale d’uscita.

Non si sta fermi un attimo, pur avendo a che fare con un gioco di macchine e non con uno sparatutto o un action. Ci si agita anche a fine gara, quando il menù occupa ben più del proprio cono visivo e sull’asfalto, a pochi passi di distanza, continuano a sfrecciare i bolidi con cui ci si è appena dati battaglia.

Driveclub VR non è il primo racing a beneficiare della realtà virtuale. Assetto Corsa e Project CARS, ben supportati da Oculus e Vive, hanno fatto vedere di meglio praticamente in ogni ambito. Eppure, SIE Immersive Tecnology, software house messa in piedi immediatamente dopo la controversa e drammatica chiusura di Evolution Studios, è riuscita, almeno in parte, a riproporre la stessa magia anche su PlayStation 4, con il ben più rudimentale PlayStation VR.

"Una volta in marcia ci si comincia a guardare attorno, stupiti, sentenziando, nel giro di un paio di rettilinei, che c’è stato un prima, molto più statico, e un dopo, in cui il corpo diventa realmente parte integrante dell’esperienza che vuole e può offrire un racing."

Sì, perché dopo l’iniziale catarsi, dopo l’inevitabile estasi paralizzante che si prova nell’illudersi di stringere tra le dita il volante di una Ferrari o di una Lamborghini, i limiti del gioco, soprattutto tecnici, non tardano a palesarsi.

Inutile girarci attorno, tanto la sensazione, in buona sostanza corretta, è proprio quella: Driveclub VR è una versione ridotta del capitolo regolare, che rinuncia a buona parte dei contenuti offerti e si presenta con una veste grafica estremamente meno attraente e rifinita.

Il parco auto resta notevole, un’ottantina di esemplari, così come il numero di tracciati disponibili, ben oltre la centinaia, ma la modalità in singolo, quella che potremmo definire “campagna”, ha evidentemente il fiato corto, composta com’è da una manciata di eventi il cui obiettivo finale è la conquista di un certo quantitativo di stelle per ogni corsa, rispettando particolari condizioni che riguardano la posizione in classifica, i tempi sul giro e così via.

Si vince il vincibile piuttosto in fretta, comunque stimolati dal piacevole senso di progressione che si traduce in livelli di esperienza da guadagnare e nuove auto e livree da sbloccare.

[caption id="attachment_162258" align="aligncenter" width="600"]Driveclub VR screenshot Vero che le ambientazioni lasciano piuttosto a desiderare quanto a livello di dettagli. Altrettanto vero che viaggiando sul filo dei trecento chilometri orari difficilmente avrete modo di accorgervene.[/caption]

Anche il multiplayer non è esente da critiche. Nonostante sia sempre un piacere creare e partecipare attivamente alle fortune di un club, online, almeno allo stato attuale, oltre a qualche problema di lag, si riscontra una cronica latitanza di utenti a cui lanciare il guanto di sfida. Una seccatura probabilmente passeggera, che tuttavia penalizza un prodotto già di per sé non proprio convincente sul fronte della longevità.

In pista, il downgrade grafico rispetto al capitolo originale è evidentissimo. Gli effetti luce, soprattutto per quanto riguarda le superfici riflettenti delle carrozzerie, mettono in risalto la rozzezza di un motore grafico che fatica molto anche con le texture delle ambientazioni e che, tra le altre cose, castra il gameplay del gioco eliminando totalmente le magie del meteo dinamico.

La bassa risoluzione del visore, inoltre, è complice dell’insorgere di mal di testa e sensazione di nausea, malesseri fisici da noi non lamentati durante le lunghe sessioni che ci siamo concessi in compagnia del gioco, ma puntualmente registrati da una larga fetta di utenti in tutto il mondo.

Non ce la sentiamo di far rientrare queste problematiche tra i difetti della produzione, ma al momento dell’acquisto sarà certamente un ulteriore fattore da tenere in considerazione, soprattutto se si sono già riscontrati effetti collaterali simili con la realtà virtuale.

Anche il motore fisico sembra essere stato lievemente semplificato, con un avvicinamento ancora più marcato all’arcade. Le collisioni difficilmente causano grattacapi, le auto perdono aderenza con meno facilità. Il sistema di guida risulta insomma addolcito, relativamente appiattito rispetto al capitolo regolare. Se ne guadagna in immediatezza, utile certamente a coinvolgere i neofiti alle prime armi con macchine e realtà virtuale; viene meno, in buona sostanza, il carattere generalmente bizzoso e furioso delle auto più estreme, esemplare in questo senso l’esempio dell’indomabile Ferrari F40, che seppe rendere tanto peculiare e divertente il gameplay del Driveclub originale.

[caption id="attachment_162257" align="aligncenter" width="600"]Driveclub VR screenshot Prima di ogni gara è fondamentale perdere qualche secondo per regolare la distanza della visuale rispetto al parabrezza.[/caption]

Il risultato finale è insomma un gioco problematico, lontano parente della versione che fa a meno del visore per la realtà virtuale. Eppure, è proprio il PlayStation VR a regalare il diritto d’esistenza a Driveclub VR, a renderlo un titolo fondamentalmente imperdibile per chi non ha ancora assaporato questo nuovo linguaggio dei videogiochi declinato a racing. Gli appassionati d’auto, soprattutto quelli con il pallino per il design, resteranno sbalorditi sin dalla prima volta che si ritroveranno nell’abitacolo del bolide dei loro sogni. Chi è in possesso di volante e postazione guida, inoltre, sperimenterà un livello d’immersione impareggiabile. Anche i semplici curiosi trarranno grandi gioie, grazie ad un sistema di guida immediato e facile da dominare.

Restano le problematiche relative alla longevità e quelle, ben più gravi, di carattere tecnico. Driveclub VR stupisce e convince più grazie alle meraviglie connaturate alla realtà virtuale, che per propri meriti. Il che va tenuto in considerazione proprio al momento dell’eventuale acquisto.

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