Drive-Away Dolls, la recensione

Ethan Coen senza il fratello Joel non ha perso nè lo stile nè il piglio ma semmai il senso, tutto quello che è tipico dei Coen qui è spuntato

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Drive-Away Dolls, il film di Ethan Coen in uscita in sala il 7 marzo

È davvero questo il film con cui si ripresenta Ethan Coen?

Erano sei anni che non usciva un film di finzione a firma sua, nel frattempo il fratello Joel aveva girato un Macbeth in bianco e nero con Denzel Washington e lui aveva girato uno scialbo documentario su Jerry Lee Lewis, tutto a causa delle difficoltà a produrre gli ultimi film e di una sopraggiunta mancanza di entusiasmo nei confronti del fare cinema. Questo dovrebbe invece essere un film pieno di entusiasmo, una commedia degli idioti nello stile dei film girati con il fratello, molto rapida, divertente, piena di riferimenti alle storie criminali, piena di casualità che cambia il corso della storia e di personaggi secondari iconici. Eppure non è così. Sembra strano perché il cinema dei fratelli Coen è così pieno di altri film e quando è di commedia così pieno del piacere di rimettere in scena luoghi comuni del cinema anni ‘50 e ‘60 sapendone ridere, che si fatica a pensare che uno di questi film possa essere scialbo. E invece…

Ci sono due ragazze lesbiche nell’America della fine degli anni ‘90 che partono per un viaggio con un pretesto qualsiasi (andare a trovare la nonna di una delle due), per farlo prendono una macchina noleggio e non sanno che, per un errore di chi gliel’ha noleggiata, in realtà quella è una macchina che contiene una valigetta con qualcosa di prezioso. Degli uomini senza scrupoli avrebbero dovuto ritirarlo e ora sono sulle loro tracce. Giochi con la trama noir, una valigetta che fa da McGuffin e inquadrature dal baule dell’auto, c’è sufficiente Tarantino per poter citare anche Henry James, i cui romanzi vengono letti da una delle due ragazze (quella inibita) mentre l’altra (quella spregiudicata) fa sesso occasionale con altre lesbiche, e al cui The Europeans un po’ si rifà il mood del film, con personaggi fuori posto in un contesto che sembra non capirli.

Drive-Away Dolls dovrebbe essere il primo di una trilogia di film su ragazze lesbiche in viaggio, qualcosa di simile all’exploitation, tra Faster Pussycat e le commediacce anni ‘70, in cui le protagoniste hanno avventure criminali e sessuali, ma tutto nel tono di Arizona Junior, divertendosi con la consapevolezza di stare giocando e smontando le regole dei film. Drive-Away Dolls è insomma intenzionalmente scemo ma anche così programmaticamente brioso da suonare forzato. Le transizioni fantasiose e frizzanti, come anche la library di effetti sonori da cartoon e la recitazione sopra le righe con accenti marcati, per non dire le inutili scene di passaggio psichedeliche… È tutto parte del repertorio dei fratelli ma molto meno a fuoco del solito, stupideria per nulla addomesticata da una scrittura più sofisticata. Anche Margaret Qualley, che fa un ottimo lavoro davvero visto anche quanto il film punti su di lei, è sprecata.

Siamo dalle parti del classico detour da fratelli Coen, cioè in una trama che non stonerebbe in un film serio, che diventa commedia semplicemente ascoltando le conversazioni e guardando i personaggi nei momenti che un altro film non ci farebbe sentire o guardare, come se ci sintonizzassimo sulla storia in tutte le parti sbagliate, seguendo i personaggi sbagliati nei momenti in cui sono più ridicoli invece che in quelli in cui fanno le cose giuste. E anche nelle scene chiave tutto è visto con lo sguardo più disincantato, notando solo la goffaggine delle persone e come in realtà non siano le persone ma il caso a decidere tutto. Queste rimangono idee, prospettive e punti di vista migliori del 90% degli altri film, ma stavolta la confezione intorno, nonostante la consueta perfezione formale, scambia il divertimento a tutti i costi con quello spontaneo.

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