Dragon's Dogma (prima stagione): la recensione
Scrittura piatta, poche idee e molto ripetitive, realizzazione tecnica da bocciatura: l'anime su Dragon's Dogma è un disastro
Dragon’s Dogma è una serie che ha il merito di far sorgere parecchie domande nella testa di chi guarda: per esempio “che cosa c’entra il dogma con quello che sto vedendo?”, o “perché la CGI dei mostri è così tremenda?” oppure “che cosa sto guardando?”, o anche “se ne sentiva il bisogno?”.
Che cosa c'entra il dogma con Dragon's Dogma?
Ispirato a una serie videoludica – dove con “serie” si intende un gioco, il suo remake e un sequel tutto online – di Capcom, che forte del relativo successo dell’adattamento di Castlevania ha deciso di riprovarci con un altro anime, l’anime su Dragon’s Dogma (una sola stagione, per ora, da sette episodi)... be’, innanzitutto nasce da una scelta creativa curiosa, declinata nel peggior modo possibile e il cui risultato è utile tra l’altro a dimostrare che certe cose che funzionano alla grande nei videogiochi non necessariamente mantengono lo stesso impatto se vengono trasportate in un altro mezzo. Realizzata con un terrificante mix di animazione tradizionale (o finta-tradizionale) e disegnata a mano e CGI con un numero ridotto di poligoni e texture meno complesse di quelle del primo Uncharted su PS3, Dragon’s Dogma sta agli adattamenti televisivi di videogiochi come In the Name of the King di Uwe Boll stava agli adattamenti cinematografici di videogiochi.
Che cosa sto guardando?
Prendere un universo interattivo, spogliarlo dei suoi elementi più immersivi e puntare tutto sulla narrazione e sulla mitologia è dunque il modo migliore per stroncarlo; tanto più che Shinya Sugai, regista e produttore, e Kurasumi Sunayama, sceneggiatore dei sette episodi, si disinteressano quasi subito dello sguardo d’insieme e preferiscono ridurre la serie a una sequela di vignette morali autoconclusive tutte volte a dimostrare la stessa idea: a volte l’uomo è peggio del mostro. Solo il primo e l’ultimo episodio sono dedicati direttamente all’arco narrativo del protagonista Ethan, un tizio il cui villaggio viene attaccato da un drago e che viene ucciso nel tentativo di difenderlo; il drago, però, non lo divora né gli dà fuoco, ma gli strappa il cuore dal petto, trasformandolo così in un Arisen, una sorta di non-morto, o non-vivo, che per curare la propria condizione dovrà uccidere il suddetto drago, vendicandosi così anche per la morte della moglie Olivia, grigliata insieme al resto del villaggio.
Chi ha familiarità con il gioco avrà già capito: Dragon’s Dogma la serie si svolge in parallelo agli eventi di Dragon’s Dogma il gioco, e la prima racconta la storia di un altro tizio che soffre della stessa condizione del protagonista del secondo, evitando in questo modo sovrapposizioni e paragoni. E qui torniamo al problema accennato prima: l’universo di Dragon’s Dogma non è particolarmente interessante, e certe soluzioni che funzionano molto bene con un controller in mano perdono d’impatto se vissute da spettatore. Ogni episodio si concentra su un mostro diverso, e ogni episodio irrimediabilmente si risolve allo stesso modo: con la scoperta che la colpa (di qualsiasi cosa orribile sia appena successa) non è solo del mostro ma anche dell’uomo, che quando vuole è mostruoso quanto un ciclope o un goblin o un grifone. Siamo dalle parti di The Witcher senza alcuna personalità, e in più Dragon’s Dogma è appesantito da una scrittura ultra-didascalica, che affida al protagonista e alla sua spalla Hannah – che è un Pawn, una creatura umanoide che viene da un’altra dimensione e che esiste per servire gli Arisen e per enunciare ad alta voce l’ovvio – il compito di commentare costantemente ogni singolo plot point, nel caso il messaggio fosse sfuggito.
Perché i mostri in Dragon's Dogma sono così brutti?
Sarebbe bello poter dire che, a fronte di una scrittura piattissima e zoppicante e di un universo narrativo che non ha molto da dire se non “humanity bad”, la serie è comunque una visione piacevole perché disegnata con gusto, animata con passione e diretta con creatività. Invece anche dal lato tecnico Dragon’s Dogma è dimenticabile quando va bene e un pugno in un occhio quando va male – il che corrisponde con il 100% delle volte che un qualche mostro compare sullo schermo. Nel 2012, la presenza di mostri grossi da scalare come fossero montagne per menarli meglio era il principale motivo per giocare a Dragon’s Dogma su PlayStation 3; vedere nel 2020 quegli stessi mostri realizzati sempre in 3D ma peggio e sovrapposti a fondali che sembrano usciti da una collezione di foto di stock è il principale motivo per chiudere tutto e guardare altro.
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