Dragonball Evolution - La recensione

Il destino del mondo è nella mani di Goku, che dovrà recuperare le sette sfere del drago. L'adattamento di Dragonball è il perfetto film per scontentare tutti, fan e non...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloDragonball EvolutionRegiaJames Wong
Cast
Justin Chatwin,   Chow Yun-Fat, Emmy Rossum, Jamie Chung, James Marsters, Joon Park, Eriko Tamura

Uscita10 aprile 2009 La Scheda del Film

Nella vita, ci sono cose peggiori dei brutti film, che magari procurano un certo piacere nascosto nel vederli e prenderli per i fondelli. Una di queste sono i film mediocri. Che, a loro volta, si suddividono in due categorie. Quelli in cui si tenta di fare qualcosa di importante e non ci si riesce (per mancanza di mezzi, di creatività, di coraggio, ecc.). E quelli che nascono, fin dal primo minuto, come dei progetti mediocri, con l'idea strampalata che questo dovrebbe conquistare un certo pubblico medio, che viene considerato talmente superficiale da aver voglia di prodotti banali e scontati. 

La ricetta è semplice: si prendono un regista e degli attori professionali, per carità, ma che non suscitano particolari entusiasmi. Si trasformano delle storie potenzialmente forti in vicende talmente annacquate da non capire quale sia l'esigenza di raccontarle (se non, ovviamente, la speranza degli uomini del marketing di lanciare un franchise dal nome prestigioso anche al cinema). E magari, giusto per vivacizzare le acque, si creano tensioni e incertezze su come dar vita al film, che poi risulta un mix di opinioni contrastanti e poco coerenti.

Di solito, non amo particolarmente fare discorsi sulle major. Sono convinto che sia difficile trovare un'identità ben definita per una casa di produzione e per qualsiasi film che possa essere etichettato in un certo modo, se ne troverà facilmente uno che invece ne è l'esatto opposto. Questa mia regola, grazie alla Fox, sta iniziando a vacillare. Se penso a prodotti recenti come Fantastic Four, Jumper, 27 volte in bianco, Max Payne e soprattutto Eragon (che a livello narrativo/produttivo è il film che mi sembra più attinente), pur con le enormi differenze a livello di genere, l'impressione è di prodotti scialbi e che non fanno nulla per essere qualcosa di più. Forse sarà un caso, ma forse c'è proprio un'idea aziendale dietro questi risultati artistici.

Dragonball Evolution, lo avrete ormai capito, è un 'degno' successore dei titoli appena menzionati. La cosa che, come in quei titoli, mi sconvolge maggiormente è l'idea di fondo. Personalmente, sono anni che non vedo la serie e di certo non mi posso considerare un esperto. Ma, almeno dai miei ricordi, ho decisamente chiara quale fosse una delle caratteristiche fondamentali del telefilm: l'(auto)ironia. E' evidente a tutti che una storia simile non si regge certo con l'ambizione di diventare una pellicola epica tipo Il Signore degli Anelli, ma utilizza i propri eccessi per rendere la visione un piacere originale. La scelta di voler rendere invece Dragonball Evolution (film) un racconto 'serio' è ovviamente rischiosissima. Sarebbe già difficile per un Peter Jackson non cadere nel ridicolo involontario, figuriamoci per un James Wong. Che francamente non è un regista che assocerei al termine 'epico'.

D'altronde, non c'è spazio per i dubbi fin dall'inizio, tra una voce off che definire tonitruante è poco e dei ralenti/primissimi piani che fanno rimpiangere 300 di Zack Snyder. Il problema è che quando pensi 'adesso almeno si vuole far ridere', il risultato è che magari la risata scappa, ma è involontaria. Basti pensare a una scena come la fantasia di Goku in classe (vista già altre mille volte, ma realizzata peggio delle altre mille) o alla stretta di mano tra il protagonista e Bulma, tra l'imbarazzante e l'idiota.

Ma, a livello tecnico, Wong è adeguatamente supportato da una troupe all'altezza. Nel senso che gli effetti speciali sono tra le cose più brutte viste in questo settore ultimamente e a tratti (vedi la navicella di Piccolo) ti fanno pensare di stare assistendo a una copia lavoro in cui gli f/x non sono ancora completamente terminati (ogni riferimento è puramente voluto). Ma il peggio è il compositing tra i protagonisti e certi sfondi che sarebbe anche adulatorio definire falsi. Semplicemente, persone in carne ed ossa all'interno di un videogioco fatto male. E la creatura digitale finale fa quasi rimpiangere la conclusione de La mummia 2.

Qualcosa del genere avviene con l'azione e soprattutto con i combattimenti. Che sono pochi (e per un film del genere è incredibile) e fatti anche male, sia perché risultano coatti/pacchiani sia perché sono montati in maniera stramba. Il peggio lo si raggiunge in un combattimento per il torneo (per fortuna, almeno è sullo sfondo) in cui due contendenti fanno chiaramente finta di picchiarsi (tanto, non è in primo piano, quindi perché sforzarsi di ottenere risultati migliori?). E l'idea delle tradizioni orientali/arti marziali/misticismo è da querela. 

In tutto questo, sperare che gli attori credano in quello che fanno sarebbe una follia. E infatti non accade, con una trama in cui le morti di persone care si dimenticano in un attimo e i dialoghi sembrano scritti da uno sceneggiatore (sotto acido) di brutte soap opere. Evidentemente, credere che Justin Chatwin salverà il mondo è pressoché impossibile e dalla sua voce non ci riesce neanche lui (o magari non ci crede il doppiatore, chi lo sa...). Emmy Rossum all'inizio è insopportabile, poi diventa soltanto inutile, a meno di non volerle guardare le tette (che poi talvolta sembra l'unico scopo estetico del regista).

Ma un premio va sicuramente a Chow Yun Fat, che riesce a superare le cose peggiori che aveva fatto a Hollywood (e la lista era decisamente lunga e importante). Come riesca a rendere Muten un completo idiota senza essere neanche divertente lo sa solo lui. Di sicuro, un risultato notevole. Su James Marsters che a Piccolo conferisce un accento vagamente russo (almeno nella versione italiana, forse si rimpiange quando c'era Ivan Drago) e che è anche protagonista (dopo un paio di minuti di titoli di coda) di una scena ultratelefonata, lasciamo perdere.

Alla fine, ti viene da pensare che non è neanche questione di bello o brutto, di un attore che recita bene o male, di una regia attenta o mediocre. Ma la cosa che ti viene in mente è 'chi se ne frega di un prodotto di questo tipo'? Che poi, ovviamente, a un fan frega comunque, perché non può (giustamente) accettare che l'oggetto della propria passione venga trattato come se fosse un qualsiasi gruppetto per adolescenti usa e getta. Cosa che potrebbe capire anche un bambino di quattro anni. Ma, come diciamo spesso, sembra che a Hollywood non ci siano bambini di quattro anni che possano fare da consulenti, ma soltanto dirigenti sessantenni con un'idea di cool che è semplicemente terribile...

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