Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato, la recensione
Uno dei migliori capitoli di una serie storica arriva su Nintendo 3DS con un remake solidissimo: la recensione di Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato
Il classicismo di Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato comincia con la trama, con i primi momenti di gioco che mettono subito in chiaro quali siano i toni della produzione, perfettamente in linea con quelli della serie, quindi in apparenza leggeri, ma con vari momenti di particolarità, andando poi ad assumere una certa profondità mano a mano che le ore si accumulano. Ore, tante ore, un centinaio circa per completare l'avventura, e diventa quindi chiaro quanto siano diluiti i fatti all'interno di una progressione così lunga. Si rintraccia quasi, nel gioco, una narrazione episodica, vuoi per la sua lunghezza, vuoi per la sua struttura ludica, che non prevede all'inizio un grande mondo da attraversare, ma tanti piccoli pezzi di mondo da scoprire volta per volta, soprattutto uno per uno. Ogni isola ha la sua storia, tante storie compongono l'epica del gioco.
Vien da sé che questa è questione da considerare anche dal punto di vista strettamente ludico. Inizialmente sembra mancare a Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato il grande respiro dei suoi congeneri, si procede secondo una progressione molto lineare, ma è in realtà questa caratteristica abbastanza comune del gioco di ruolo giapponese, che nel suo modello più classico effettivamente poco spazio lascia alla peregrinazione, delegando a fasi abbastanza inoltrate dell'avventura missioni secondarie e deviazioni. Ad ogni modo, il giocatore ha sempre molto chiaro cosa fare per molte e molte ore, è andando avanti che la produzione si apre effettivamente, lasciando che quel meccanismo di resurrezione del mondo sia anche quello che assecondi la tipologia di progressione preferita, se indirizzata verso il completamento dell'avventura o verso un godimento totale di quanto il titolo abbia da offrire. E' qui che ci si accorge come l'enorme mole possa essere anche un problema, per fruibilità, per potenziale divertimento, ma saprà benissimo ogni singolo lettore quanto un JRPG da 100 e più ore possa pesargli.
"Caratteristica distintiva della serie è sempre stata una certa basilarità del sistema di gioco, e Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato non fa eccezione, facendo richiamo ad un classicismo ormai perduto"[caption id="attachment_160221" align="aligncenter" width="400"] Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato - screenshot[/caption]
Nella sua incarnazione per Nintendo 3DS Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato abbandona il 2D nativo a fare di un 3D completo, di gran qualità e che soprattutto rende giustizia alla tradizionale direzione artistica del gioco, quella creata nel lontano 1986 da un certo Akira Toriyama ed alla quale ogni singolo episodio della saga è rimasto fedele. Spazio ai colori brillanti, alle forme un po' caricaturali, ai personaggi ed ai mostri con un pizzico di sana bizzarrìa. A quanto di bello il gioco mostra corrisponde quanto propone per quanto riguarda la colonna sonora: la qualità dei brani è ineccepibile, per quanto manchino picchi di particolare rilievo, se non in un paio di casi.
Essere estremamente classico è il grande pregio ed allo stesso momento il potenziale problema principale di Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato, probabilmente il punto che deve analizzare il potenziale giocatore per capire quanto la produzione di Square Enix possa essergli affine. Non tema colui cresciuto a pane e JRPG, troverà qui un titolo di indiscutibile rilievo, tra i migliori nella storia del genere, e godrà in maniera incredibile di quanto ha da offrire, facendo veramente esperienza di un salto temporale, con annessi e connessi a livello emotivo e sensoriale. Per chi si fosse avvicinato in tempo più o meno recenti al genere alcune dinamiche di gioco, il ritmo ed in generale una certa graniticità del gameplay potrebbero essere troppo da digerire, anche al netto delle innegabili qualità di fondo dell'opera, che comunque emerge come un fascio di luce nel panorama odierno delle produzioni ruolistiche.