Dragon Ball Super: Super Hero, la recensione

Nel film che più di tutti fa fan service, Dragon Ball trova il suo spirito originali e concentrandosi su Piccolo anche una storia d'impatto

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Dragon Ball Super Hero, il film della serie in uscita nelle sale il 29 settembre

Il fan service è forte, molto forte, in Dragon Ball Super: Super Hero, che riesce nella sua durata a far comparire o rievocare quasi ogni personaggio mai apparso nella serie e, oltre ad affondare le radici in ognuna delle saghe rilevanti, ripropone finalmente anche il misto tra alti rischi e umorismo demenziale del fumetto e poi della serie animata.

E lo fa benissimo. Merito della presenza di Akira Toriyama alla sceneggiatura (anche se non è la prima volta che collabora ad un film) e di una concentrazione per una volta non tanto su Goku e Vegeta ma anzi sulla coppia Piccolo/Gohan, la più sottovalutata della serie. Così tanto che sembra quasi (quasi!!) di assistere ad un momento dal periodo migliore della serie.

È proprio Piccolo il protagonista, è lui a scoprire la presenza di un nuovo Fiocco Rosso che insieme al nipote del dr. Gelo ha finanziato la creazione di nuovi androidi da combattimento e anche un nuovo Cell potenziato. Sono tutti figli e nipoti dei villain originali per una storia in cui anche Piccolo recupera il suo status di padre surrogato. Dopo essersi infiltrato infatti scopre, un po’ combatte e poi coinvolge la solita banda, orfana di Goku e Vegeta (su altri pianeti a fare cose da Saiyan come potenziarsi e scoprire nuovi modi di migliorare) ma soprattutto Gohan, il più riottoso. 

Nel ripassare tutta la storia di Dragon Ball c’è anche occasione per sistematizzare un po‘ di continuity con i vari film e ripartire da un design in ambiente 3D che finalmente funziona (cosa rarissima per gli anime). Non è questo però il punto che rende Dragon Ball Super: Super Hero così centrato, quanto una narrazione di impeccabile scorrevolezza che trova nella personalità di Piccolo lo snodo fascinoso. Il suo sentimentalismo virile e l’attaccamento a Gohan (a differenza sua sempre riluttante al combattimento) sono ciò che scatena tutto. Piccolo è pronto a mettere a rischio il pianeta per avere Gohan vicino a sé e allontanarlo dallo studio, lo vuole nel suo mondo fatto di allenamenti e lotta (è questa la cosa importante, sembra ripetergli). Piccolo vuole che Gohan torni a parlare la sua lingua, ad avere l’unico terreno di comunicazione che conosce, quello sul quale hanno stretto un legame quando fu costretto ad allenarlo la prima volta come fosse un figlio. Sottilmente capiamo che questa minaccia è per Piccolo un’opportunità.

Non sfugge poi che sia questo anche un modo per Toriyama per confrontare i suoi eroi contro quelli che più vanno di moda oggi. Il dr. Hedo (nipote di Gero) è ossessionato dai supereroi, dal loro mito, i suoi androidi li fa a somiglianza di supereroi del passato nipponico (gli scontri hanno anche alcune onomatopee giganti come nei fumetti). Ma chiaramente non ci sarà gara con gli eroi poco super in senso tradizionale e molto umani (perché i loro poteri vengono sempre dall’allenamento) di Dragon Ball.

L’esito è facile prevederlo sarà sempre quello, cioè che la vera forza viene da dentro, dai sentimenti più tempestosi e sta sempre nel sottrarre invece che nell’aggiungere, nelle forme lisce e pulite più che in quel esagerate, nell’incanalare la furia in una calma apparente. Tradizione, fan service e ottima scrittura fino ad un finale come sempre tutto urla, luci e cazzotti di esagerata potenza.

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