Il Drago Invisibile, la recensione
Film fieramente vecchio stampo, immaginato per calde serate davanti alla televisione, Il Drago Invisibile è nostalgia pura, senza ombre di modernità
Il drago (invisibile) aggiornato alla grafica digitale ha le furbizie del character design moderno, come i diversi segni sul corpo (cicatrici, un dente rotto, sfregi...) mai spiegati e messi là per dare profondità e far intuire una vita dura senza raccontarla. Versione in grande di un animale domestico Elliot stavolta oscilla tra suggestioni da Fumito Ueda e il grande grifone alato che The Last Guardian promette da quasi 6 anni (c'è anche un'arrampicata in stile Shadow Of The Colossus) e, più concretamente, Sdentato di Dragon Trainer, ovvero un animaletto dotato sia delle caratteristiche del cane che del gatto: fedele e pieno d’espressioni come il primo, altezzoso e nobile come il secondo. Metaforone nemmeno troppo velato dei rapporti che si instaurano tra bambini ed animali domestici, indirizzato a vele spiegate verso la grande tenerezza finale, tra pelo digitale, abbracci con zampone, salvataggi rocamboleschi e il più immortale dei riti di passaggio che segnano l’abbandono dell’età infantile (quella degli amici immaginari e dei draghi invisibili) verso l’età adulta e la vita civile.
Il nuovo Il Drago Invisibile infatti è una storia di civilizzazione di un bambino cresciuto nei boschi, solo con il suo drago (che appunto cavalca come si vede in Dragon Trainer) che, venuto a contatto con l’idea di famiglia e la vita tra gli uomini, capisce quale sia il suo posto. Un’idea di fondo opposta a quella che la stessa Disney ha messo in scena solo pochi mesi fa con un altro remake tra reale e digitale: Il Libro Della Giungla.
Con molta fretta di finire (e questo è buono) e poca voglia di stare ad ingarbugliare qualcosa che, è evidente, deve essere in realtà molto semplice, Il Drago Invisibile sembra un tv movie a budget esagerato (non aiuta di certo il doppiaggio italiano di pessima qualità), tarato su standard industriali di non originalità e ripetizione dell’arcinoto. In questo senso appaiono però perfettamente funzionali i casting di attori come Robert Redford (il vecchio nonno saggio che una vide il drago), Bryce Dallas Howard (abbondantissima ranger sorridente e mamma allo stato puro) e Karl Urban (spietato cacciatore assetato di draghi invisibili). Nessuna sorpresa, ognuno sa bene cosa fare come nel grande cinema dello studio system che, probabilmente non a caso, aveva questa stessa fiera fiducia nell'esigenza della grande commozione finale nei film per famiglie, nella ricerca dello struggimento confinato al solo finale.
Impossibile dunque cercare anche qui quell’alito di grande rinnovamento che evidentemente si deve respirare nei corridoi del dipartimento di animazione della casa di Topolino, l’unica aria che si può sentire in questo film è quella delle serate in famiglia passate a guardare la televisione.