Dracula Untold - La recensione

Pur discostandosi dal romanzo di Stoker, Dracula Untold è un prequel giovane, originale e ben congegnato, illuminato dall'ottima prova di Luke Evans

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I cultori più snob, ci si può scommettere, avranno storto il naso quando venne annunciato Dracula Untold, opera spuria e prequel di una saga, quella del vampiro più famoso del mondo, entrata a far parte della cultura popolare da quasi un secolo. Anche chi scrive, va detto, faceva parte dello stuolo di scettici e, dopo aver virtualmente acceso un cero all'altare di San Stoker, si preparava alla visione dell'ennesimo pastiche pseudo-gotico scritto coi piedi e diretto con altre parti del corpo non adibite alla regia. Quale miglior soddisfazione dell'essere smentiti su una stroncatura che sembrava praticamente già scritta?

Eh già; perché, udite udite, Dracula Untold non solo non è una bufala, ma è addirittura un bel film. Sì, bello per ritmo, bello per intenzione e bello per stile: in tre parole, una scommessa riuscita. A poco o nulla varrebbero gli accostamenti con il romanzo di Bram Stoker; il prequel firmato dall'irlandese Gary Shore ha ben poco a che vedere col romanzo. Ed è un vantaggio: a pochi anni dall'ennesimo stupro del bizzarro capolavoro gotico, a opera stavolta del nostrano Dario Argento, si trae un sospiro di sollievo di fronte a un soggetto originale e avvincente, che non cozza con la tradizione ma ne offre invece una lettura nuova e, per certi versi, assai più appassionante.

Ben distante dalla pretesa filologia del Dracula di Coppola - che si concesse, malgrado la pomposa aggiunta di quel "di Bram Stoker" al titolo, l'invenzione di una moglie mai menzionata nel romanzo - il film di Shore muove i suoi passi più dagli eventi storici che non dalle pagine dello scrittore irlandese. Il protagonista fonde in sé alcuni aspetti di Vlad III detto l'Impalatore e di suo fratello Radu, entrato a far parte della corte ottomana e divenuto, secondo alcuni cronisti dell'epoca, addirittura amante del futuro Maometto II. Incarnando caratteristiche del personaggio storico quasi del tutto cancellate dalla tradizione letteraria e filmica derivata da Stoker, il Vlad di Shore è un guerriero valoroso e disposto a tutto pur di difendere il proprio regno e la propria amata famiglia.

A dar corpo (splendido) e anima (tormentata) a questo impalatore dal cuore tenero c'è Luke Evans, che negli ultimi anni ha inanellato una serie di ruoli in film non sempre memorabili, ma tutti contraddistinti da un'ottima resa drammatica e credibilità. Non fa eccezione il suo Vlad Tepes, sanguinario per necessità e alleato del Diavolo per dovere. Il conflitto interiore del giovane valacco, scatenato dal patto demoniaco stipulato con un vampiro millenario che ha il volto e l'energia del carismatico Charles Dance, è il vero motore del film, che usa il vecchio espediente del ticking clock in modo intelligente e per nulla scontato. La purezza primigenia dell'anima di Vlad si specchia a meraviglia negli occhi puri e limpidi dell'eterea Sarah Gadon, attrice già apprezzata da David Cronenberg che l'ha voluta in A Dangerous Method e in Cosmopolis. L'alchimia tra Evans e la sua co-protagonista è pervasa di sensuale dolcezza. Ultimo ma non meno importante, il giovanissimo Art Parkinson, che dopo esser stato costretto a un pressoché totale mutismo in Il Trono di Spade - salvo una breve ma intensa scena alla fine della terza stagione - dimostra infine le proprie rare capacità nel ruolo del piccolo figlio di Vlad, oggetto del contendere tra il valacco e l'arrogante sultano Maometto II, un viscido quanto convincente Dominic Cooper.

Complici effettivi visivi mozzafiato, la regia di Gary Shore trabocca di idee e soluzioni estetiche originali, che ben si sposano con l'aspetto certo più fiabesco che horror del film. La spettacolarità delle battaglie trova un degno contraltare anche in scene di relativa quiete, come quelle nel monastero o nel castello, tutte però intrise di una coerenza iconica figlia del miglior fantasy; chi ha notato, non senza un certo spocchioso fastidio, la somiglianza con alcuni passaggi della Trilogia dell'Anello di Jackson non ha visto male.

Si potrebbe cavillare sul fatto che, stringendo un patto col diavolo a fin di bene, la parte oscura del principe delle tenebre risulti piuttosto assottigliata e la sua lotta interiore tra bene e male quasi del tutto svanita. Tutte opposizioni abbastanza legittime, se non fosse per il fatto che il film di Shore è, come suggerisce il titolo, un antefatto mai narrato. Un antefatto che, come detto, non fa danno alcuno al romanzo di Bram Stoker, restituendogli un passato storico credibile negatogli in tutte le trasposizioni finora viste. Il Vlad spietato e gelido succhiasangue fa parte di un'altra storia, già raccontata - più o meno bene - in decine e decine di adattamenti tra film e serie tv. Una storia che, forse, anche Shore potrà raccontare, se l'avventura del fascinoso principe romeno continuerà all'interno della neonata saga Monster Universe avviata dalla Universal proprio con Dracula Untold. La curiosità di vedere come se la caverà il bel Vlad nella Londra contemporanea c'è tutta: staremo a vedere se l'eventuale sequel saprà dissipare ogni diffidenza come ha già fatto brillantemente questo primo capitolo.

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