Dove eravamo rimasti, la recensione
Un film quasi perfetto Dove eravamo rimasti, che unisce il piacere basso del cinema commerciale, con quello alto delle soluzioni e dei tempi d'autore
La mente della scrittrice che ama giocare con i personaggi particolari, i dettagli di scena e le convenzioni più abusate e kitsch del cinema ha partorito uno script dinamico e divertente, pieno di colpi al cerchio, ovvero di piccole ruffianerie e pieno anche di svolte consuete. La testa del regista che pare essersi appassionato ai ritorni in famiglia (ma stavolta non è Rachel a sposarsi) e che da sempre ama portare le sue passioni musicali nel proprio lavoro, lavora di fino per invece centrare la botte, ovvero per dare a questa commedia dal cuore tenero un passo completamente diverso da solito, per farle dire le usuali banalità (mamme e figli si amano, ex coniugi ancora si vogliono ancora bene e tutti possiamo cambiare i rapporti incancreniti) ma nel farlo lasciar intuire l'umanità onesta che sta dietro questa banalità.
Il film nel suo tentativo complesso di animare la più banale delle strutture in una storia che abbia un'anima appassionata e unica trova ovviamente l'interprete perfetta: Meryl Streep, capace di lavorare al proprio livello e contemporaneamente farsi coautrice, migliorare il personaggio con la propria personalità, introdurre miopie, fastidi e piccoli momenti che non si possono scrivere e non si possono dirigere, dettagli che si incastrano prima o dopo le righe delle battute in cui con un movimento, uno sguardo o una smorfia imbottisce le parole di senso.
Dove eravamo rimasti è insomma "amore e sesso". Unisce il piacere più immediato e carnale, quello delle scene ruffiane, istintivo e anche brutale nella sua grettezza, fatto di pianti, riconciliazioni e dichiarazioni, quello che solitamente è materia da 4 soldi, maltrattata e copiata in serie per un piacere a breve termine, con invece il più alto ed elevato piacere a lunghissima scadenza, quello del cinema che osa qualcosa in più, si permette variazioni dalle strutture abituali, parla una propria lingua e addirittura (senza esagerare) qualcosa si inventa per arrivare al medesimo obiettivo degli altri.