The Double, la recensione
Nostalgico della guerra fredda e della contrapposizione America/Russia, Brandt passa alla regia e conferma l'inconsistenza del suo cinema...
Uno dei più banali, sbrigativi e volgari sceneggiatori del cinema statunitense passa alla regia. Un evento infausto che abbina script superficiali ad una regia inconsistente.
Richard Gere è infatti materia delicata da trattare. Volto sensazionale ma fisico molto poco malleabile e cinematografico, solo nelle mani di grandissimi registi è stato ingranaggio funzionante di un film (i soliti, Malick, Schrader, Fuqua...). In ogni film in cui appare costringe il montatore a mille tagli per nasconderne la poca credibilità e l'inesistente plasticità dei movimenti (vedasi Chicago). Altrimenti è un pupazzo di se stesso, faccione buono per un cinema sentimentale para-televisivo per signore di bocca buona. Figuriamoci dunque la sua consistenza in un film d'azione!
Per fortuna (almeno) tutto è condito da alcuni momenti talmente imbarazzanti e senza senso da sconfinare nell'umorismo involontario. Magra consolazione...