Dopo L'Amore, la recensione
Spietato nel voler coinvolgere lo spettatore con espedienti grossolani, in realtà Dopo L'Amore nasconde nelle pieghe intenzioni migliori della sua riuscita
Cosa accade davvero ad un coppia quando sta arrivando la rottura? A Dopo L’Amore non interessa cosa porti alla rottura, né interessa cosa accadrà dopo, come elaboreranno la solitudine i due, se si rassegneranno o se l’evento avrà un impatto negativo sulle bambine. Tutto quello che attira l’attenzione degli altri film sulla materia non interessa a Joachim Lafosse che invece sembra ossessivamente incastrarsi sul momento in cui qualcosa si rompe e per questo lo dilata il più possibile, lo reitera e ci passa sopra più volte. La coppia di Dopo L’Amore è riluttante a divorziare, si dà nuove possibilità e in certi istanti scaturisce scintille di sentimento vero, capaci di attaccare lo spettatore con le armi più spietate del cinema, come ad esempio una commozione improvvisa dopo un ballo tutti insieme o un tentativo di suicidio così estraneo al resto dell'intreccio da suonare falsissimo.
Forse non basta per renderlo sopportabile tutto, fino in fondo. Tuttavia non era scontato trovare una simile pornografica esposizione del collasso di due sentimenti opposti (ma nemmeno troppo) in un film così privo di uno stile deciso e così poco capace di coinvolgere nel proprio ostentato naturalismo. Invece ci sono delle scelte di pura organizzazione degli spazi e dei tempi di messa in scena che parlano di una vita di disaccordi. Dove è confinato l’uomo, cosa fa la donna appena entrata in casa. Dove si nasconde il letto, oppure quando è che i due dormono insieme. Su tutto la diversa maniera in cui padre e madre si rivolgono e interagiscono con le figlie disegna una minuscola Guerra dei Roses, meno teatrale e più realistica. C’è poco più di urla e insulti tra i due, ma tutto quello che fanno quando fanno altro dal rivolgersi la parola è un vero campo di battaglia.