Dopesick - Dichiarazione di dipendenza: la recensione
Dopesick è un'ambiziosa miniserie di inchiesta che gestisce il vasto materiale umano e informativo a sua disposizione con grande efficacia
Dopesick è una serie incredibilmente attuale, non solo perché a settembre di quest'anno un giudice del tribunale fallimentare americano ha approvato un accordo che ha dissolto la Purdue Pharma, la società farmaceutica statunitense produttrice del farmaco oppioide Oxycontin, che ha dichiarato bancarotta, ma soprattutto perché ha permesso ai membri della famiglia Sackler di sfuggire ad ogni responsabilità nel loro ruolo nella crisi degli oppioidi che - in vent'anni - tra il 1999 ed il 2019, solo negli Stati Uniti ha mietuto più di 500 mila vittime accertate.
Non tutto della miniserie Dopesick è perfetto, soprattutto perché non è facile raccontare una storia che si dipana in così tanti anni, e siamo certi che in molti non apprezzeranno il continuo saltare da un anno all'altro della narrazione, reso abbastanza fastidioso da quello scorrere delle date che appare spesso sullo schermo, ma se si riesce a perdonare allo show questo difetto, quello che rimane varrà senza dubbio il vostro tempo.
Poi abbiamo la Purdue Pharma, la causa farmaceutica di proprietà della famiglia Sackler, rappresentata da Richard (Michael Stuhlbarg), la mente dietro allo sviluppo dell'OxyContin, il rappresentante farmaceutico Billy Cutler (Will Poulter), la FDA - la Food And Drug Administration - con le sue responsabilità nell'aver permesso alla Purdue di commercializzare l'OxyContin come un oppioide che crea "meno dipendenza degli altri", Rosario Dawson nel ruolo di un'agente della DEA che vuole incastrare i responsabili della crisi degli oppioidi, ed infine Peter Sarsgaard e John Hoogenakker, i procuratori federali che costruiscono il caso contro la Purdue Pharma.
Di carne al fuoco, come intuibile, ce n'è quindi davvero molta, ma trasportati dalla cadenza della narrazione, senza preoccuparsi troppo del "quando accade cosa", Dopesick risulterà essere un tentativo di successo di adattare un libro inchiesta ai ritmi di una serie televisiva, con tutti i limiti che le differenze di questi due generi impongono.
Michael Keaton e Kaitlyn Dever, per esempio, sono il cuore pulsante della storia, il suo lato umano più difficile da accettare e perdonare ai responsabili di questa crisi. Il primo, il medico che tutti vorrebbero avere, un uomo che conosce per nome tutti i propri pazienti e che li cura, nell'accezione più nobile del termine, perché tiene a loro, finisce egli stesso nelle spire della dipendenza da OxyContin dopo aver distrutto inconsapevolmente le vite di molti dei suoi pazienti, alcuni dei quali ha visto nascere proprio come Betsy.
Nonostante, con tanti giocatori in campo, il tempo dedicato ai protagonisti della miniserie Dopesick sia limitato, nello specifico la Dever porta sullo schermo con incredibile efficacia la disperata rappresentazione di una persona che si ritrova la vita devastata dalla dipendenza da oppioidi, senza tutti quegli odiosi cliché che spesso accompagnando questo genere di personaggi.
Il rappresentante farmaceutico Billy e la sua controparte senz'anima Amber (Phillipa Soo) sono invece gli "spacciatori legalizzati" della Purdue Pharma, coloro che - inizialmente a loro insaputa - ma poi spinti dalla sete di denaro, hanno contribuito a questa crisi umanitaria pur messi di fronte all'inconfutabile prova dei danni causati dall'OxyContin. E se il primo dimostra di avere dei dubbi sul suo lavoro, che continua tuttavia a fare, risultando quindi quasi più odioso della seconda, Amber è quantomeno un triste personaggio macchiettistico, ma non per questo meno reale, interessato unicamente al proprio benessere ed incapace di provare qualsiasi senso di colpa o responsabilità per i danni provocati dall'antidolorifico.
Richard Sackler (Michael Stuhlbarg), con la sua voce appena sussurrata e l'incapacità di accettare un no come risposta o un limite all'espansione e alla possibilità di potenziali profitti per la Purdue Pharma, è forse uno dei personaggi più sfuggenti, un uomo ossessionato dal fantasma del proprio fratello, di cui sarebbe stato interessante comprendere più approfonditamente la natura, ma che risulta per la maggior parte del tempo così distaccato e meccanico, da rappresentare un'amorale incognita.
La serie non fa inoltre mistero di dividere senza mezzi termini i proprio protagonisti in vittime, cattivi e buoni, con quest'ultimi - nelle persone di Rosario Dawson, Peter Sarsgaard e John Hoogenakker - che spesso fanno enormi sacrifici personali per portare avanti la battaglia contro la Purdue, ma che finiscono nel complesso più per servire l'aspetto della serie che riguarda l'inchiesta, che arricchirne l'aspetto umano.
Dopesick è un prodotto ambizioso, che gestisce il vasto materiale a sua disposizione (non semplice da racchiudere in una miniserie) in maniera più che soddisfacente, scatenando tutta la rabbia e la frustrazione che storie del genere devono evocare nello spettatore e che amministra il potenziale umano a sua disposizione con grande efficacia, sottolineando come dietro ai numeri di questa spaventosa crisi vi siano volti e storie importanti da raccontare, nonché quelle che meritano davvero di essere ricordate.
Dopesick va in onda negli Stati Uniti ogni sabato su Hulu, in Italia la miniserie sarà disponibile, a partire da venerdì 12 novembre, su Disney+.