Doom Patrol 1×07 “Therapy Patrol”: recensione
La nostra recensione del settimo episodio della prima stagione di Doom Patrol intitolato Therapy Patrol
Therapy Patrol, in questo senso, è forse la prima puntata che subisce - almeno inizialmente - uno stallo, riproponendo alcuni déjà vu nella storia d'origine di alcuni dei personaggi, a cui viene comunque aggiunto un piccolo elemento che ci porta indietro fino alla loro infanzia, quando - da bambini - già mostravano traccia del genere di persone che sarebbero diventate. Nello specifico, il viaggio di Larry nel passato ed il suo rivivere un appuntamento con il suo ex amante non porta per esempio nulla di nuovo in quello che è il conflitto interiore del personaggio e la sua difficoltà ad accettare se stesso o le scelte fatte nel passato.
Tra i membri della Doom Patrol Vic è decisamente l'eccezione, l'unico a non nascondersi e volersi isolare dal mondo, nonché il solo ad aver accettato il suo status di eroe, un atteggiamento che però nasconde sotto la superficie un profondo disagio che lo ha avvicinato a questo sgangherato gruppo di personaggi con il quale finisce per avere molte più cose in comune di cui probabilmente lui stesso non immagini. Il più interessante scontro con la realtà che lo riguarda è infatti la decisione di rimuovere il parental control (già solo il fatto che gli autori abbiano davvero usato questo termine è esilarante) imposto dal padre per quanto riguarda la completa accessibilità alle potenzialità del suo computer, che lo porterà a ritrovarsi con una valanga di messaggi da una app stile Tinder in cui però la maggior parte delle ragazze lo ha contattato perché membro della Justice League, mentre l'unica che sembra essere invece interessata a lui come persona, finirà per rimanere quasi inorridita all'idea di avere a che fare con qualcuno metà uomo e metà macchina, tanto da portarlo a cancellare impulsivamente il proprio profilo per proteggersi dalla delusione.
Come accennavamo, questo è solo uno dei tanti esempi in cui questo show dà il meglio di sé, nello stile unico, scanzonato eppure profondo con cui riesce ad analizzare le reazioni dei suoi protagonisti, mettendo persino in dubbio quello che nell'immaginario collettivo è quell'idea data per scontata che essere un supereroe (riluttante o meno) sia solo ed esclusivamente "cool".
E poi, naturalmente, c'è la crisi di Cliff il cui cervello, l'unica parte umana che gli è rimasta, sembra condannato ad esplodere dalla frustrazione di essere imprigionato nel corpo di un robot e perseguitato da una serie di allucinazioni che riguardano la figlia ed il suo nuovo padre e che lo portano ad attaccare indistintamente i suoi compagni.
La parte migliore o quanto meno più inaspettata eppure benvenuta di Therapy Patrol è che gli autori, in questo caso, non hanno dimenticato quanto importante sia l'elemento dell'assurdo in una serie che è cominciata con un universo inghiottito da un asino, un elemento che in questo caso spiega anche la ragione della crisi di Cliff che, ben lungi dall'essere esistenziale è stata in verità causata da un topo parlante che si è insinuato nel suo corpo per portarlo alla pazzia al fine di vendicarsi dell'omicidio della madre, schiacciata dalle ruote di un mezzo guidato proprio da Robotman.
Ancora una volta Doom Patrol, seppure in una puntata non pienamente riuscita, riesce a bilanciare alcuni dei suoi migliori e più attraenti elementi, continuando a dare spazio all'evoluzione dei personaggi con il suo immancabile tocco di affascinante paradossalità che non fa rimpiangere una vera e propria evoluzione della storia. Almeno per ora.
La prima stagione di Doom Patrol va in onda ogni venerdì su DC Universe, la piattaforma di video-on-demand della DC Comics.