Don't Worry, la recensione del film

Abbiamo recensito per voi Don't Worry, il film che racconta la complessa e difficile vita di John Callahan

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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C'è un uomo senza direzioni, perché senza passato, al centro di una vita disperata. Lo vediamo quando ormai ne è uscito, o sta provando ad uscirne, raccontare alle persone attorno a lui del suo stato di disperazione. L'uomo in carrozzina, alcolista anonimo ed ex ubriacone, che si è rifugiato per anni e anni di gioventù nella bottiglia per non pensare a una madre che lo ha abbandonato, a una famiglia inadeguata e alla paura di non essere abbastanza, è un controverso vignettista di nome John Callahan. Alcuni di nostri lettori lo conosceranno. Molti avranno visto alcune sue vignette senza conoscerne il nome. Don't Worry, il cui titolo originale è Don't worry he won't get far on foot, racconta la sua vita.

Si tratta di una storia di redenzione. Ci mostra un uomo abbandonato a se stesso, senza più molta dignità, in una spirale di inconsapevolezza e disperazione. A salvarlo da se stesso intervengono scelte sconsiderate, un incontro casuale con un signore ancora più disperato di lui, una notte di colossale sbronza e una dormita al volante. John Callahan ha un incidente stradale potenzialmente mortale. I medici lo salvano, ma lui finisce in carrozzella. E la sua esistenza è ancora più disperata di prima.

Da qui, prende le mosse un cammino di redenzione, il ritrovamento della speranza. Callahan incontra sulla sua strada una serie di persone che gli ridanno forza. C'è un curioso direttore di gruppi di ascolto, bizzarro e ricchissimo, da cui John rimane affascinato e che lo guiderà verso una nuova luce. C'è una donna che forse lo ama e che forse lui ama, che gli fa intravvedere una vita diversa. C'è la scoperta di un talento, quello per le vignette satiriche, che gli porterà soddisfazioni nella vita professionale. Infine, ci sarà un uomo imperfetto che si è rimesso in piedi. O su due ruote, nel caso di Callahan.

Una bella storia, quella vera, che il regista Gus Van Sant racconta male. O meglio, in maniera del tutto incompiuta. Don't Worry non è brutto, ma certamente non lascia soddisfatti una volta fuori dal cinema. Si fatica a trovare credibile Joaquin Phoenix, classe 1974, nei panni di un ventenne, nella prima parte della pellicola. Dettaglio fastidioso su cui si passa sopra. Ci si affeziona molto in fretta ai dolori del suo personaggio, anche non conoscendo quelli dell'artista cui fa da specchio cinematografico. E poi ci si aspetta una storia strutturata e coesa. Che non c'è. Don't Worry ci emoziona nella sua prima metà e, a tratti, continua a farlo nel suo proseguire. Ma tradisce troppe aspettative e finisce per annoiare.

Si pongono le basi per un sacco di spunti interessanti, ma quasi nessuno è realmente abbracciato dal regista. C'è un rapporto interessantissimo con un assistente contraddittorio, ad esempio, che meriterebbe uno sviluppo. Siamo di fronte a un antagonista o a un amico di Callahan? Non c'e risposta. La caccia del vignettista alla madre che lo ha lasciato solo è abbozzata e risolta con una soluzione da fiction di stampo religioso fine a se stessa, senza seguito. La redenzione finale di John è un trionfo di prevedibilità e buoni sentimenti che difficilmente poteva appassionarci.

Ma il peccato forse più grave di Don't Worry è quello di non cercare una sponda nell'arte, nei disegni, nelle vignette del vero Callahan, che avrebbero potuto fare da commento e da contraltare alla vicenda in maniera molto più efficace. Van Sant vi ricorre in maniera discontinua e senza una scelta stilistica precisa. A volte sono animate, altre no. A volte sono direttamente connesse con quel che la regia ci mostra, altre meno. E, soprattutto, spariscono dalla storia per periodi imprecisati, per ragioni imprecisate e per fare ritorno apparentemente senza motivo. Spiazzando e deludendo, come un po' tutto questo film incompiuto. Una grande occasione persa.

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