Don Zauker: Venga il mio regno, la recensione
Abbiamo recensito per voi il quarto, irresistibile capitolo di Don Zauker, intitolato Venga il mio regno
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Come da copione, il protagonista è inserito perfettamente nell'alterato tessuto sociale del piccolo stato centro-americano; gestisce secondo il suo irreprensibile credo - ossia nei propri interessi - una piccola comunità di povera gente, di orfani, intessendo rapporti nientemeno che con il famigerato narcotrafficante colombiano Pablo Escobar e con il macellaio della situazione, Roberto D'Aubuisson, leader di Arena (Alianza Republicana Nacionalista) e comandante degli Squadroni della Morte, i gruppi paramilitari di estrema destra che hanno seminato orrore e carneficine per un decennio nel proprio paese.
Ogni gag, ogni sferzante battuta è un singolo ingranaggio ben congegnato all'interno di un ampio meccanismo che non mostra pecca alcuna. La satira senza compromessi, l'umorismo al vetriolo, il cinismo e la crudezza sono così calibrati e contestualizzati da raggiungere un'armonia dagli effetti deflagranti che non lasciano scampo all'indifferenza dimostrata dal Vaticano nei confronti di Romero.
L'evoluzione creativa e professionale che ha portato i Paguri, insieme o separati, a spaziare con successo in altri generi narrativi della Nona Arte (vedasi Dylan Dog e Kraken), è attestata nella storia di questo volume; il messaggio consapevole che contiene è una carica serrata di denuncia e di critica al potere secolare della Chiesa che non è mai venuto meno, si è solo evoluto adeguandosi ai tempi. Non deve stupire dunque che, in maniera inusuale per le sue caratteristiche, Don Zauker alzi gli scudi in favore di un prelato abbandonato al suo destino dai vertici in San Pietro a causa delle sue presunte simpatie filo-marxiste, inviso e invidiato per il favore conquistatosi in mezzo agli umili contro la dittatura. Qui non è una ragione di fede, e la questione cruciale - come ammonisce il filosofo Norberto Bobbio - non è credere o non credere, ma pensare o rinunciare a farlo.