Dogmadrome, la recensione
Abbiamo recensito per voi Dogmadrome, graphic novel di Lorenzo Mò pubblicata da Eris Edizioni
Lo scorso 26 marzo, Eris Edizioni ha pubblicato Dogmadrome, graphic novel di Lorenzo Mò che racconta il viaggio onirico e folle all'interno della mente di alcuni giocatori di ruolo adolescenti.
Nella parte iniziale di questo volume, Mò esplora scherzosamente alcuni cliché tipici del gdr: la sospensione dell'incredulità basata sulla fiducia reciproca tra giocatori e narratore, la coesione tra i personaggi e la ricerca costante del miglioramento di sé, nel gioco e nella vita. Senza nulla di didascalico, l'autore mostra in modo scorrevole e divertente le situazioni tipiche delle partite, mettendo chiunque in condizione di poter comprendere al meglio il contenuto delle tavole fin dalle prime battute.
Partendo dalle atmosfere tipiche dei pomeriggi seduti al tavolo nel corso degli anni Ottanta e Novanta, ben riassunti in una grafica di copertina estremamente evocativa, Mò fa viaggiare la storia su due binari distinti: il primo è dedicato all'avventura in sé, fruibile da chiunque nel suo essere avvincente e con un buon equilibrio tra comicità e drammaticità; il secondo è costituito da tutta una serie di riferimenti culturali che aggiungono spessore alla storia, facendo diventare questo fumetto un amorevole tributo all'esperienza ludica condivisa.
Quelli contemporanei sono anni particolarmente felici per i nerd cresciuti negli scorsi decenni, perché quel genere di sottocultura è ormai sdoganato, tanto da coinvolgere persone che mai avrebbero fruito prodotti simili in passato. I personaggi mostrati dall'autore sono però fuori da questa comfort zone: nel loro presente, il mondo esterno è ancora fonte di paura e delusioni, e per questo motivo provano a cercare la felicità altrove, in un'atmosfera sword and sorcery che li faccia sentire migliori di quanto non si vedano realmente.
Con una resa che più volte fa l'occhiolino al meccanismo immersivo dei protagonisti di Jumanji, Dogmadrome tocca sia i punti più luminosi e divertenti del gioco sia le sue parti più difficili da metabolizzare: la sensazione di railroading da parte del narratore, la percezione dell'onnipotenza all'interno di un mondo che non può ferirti per davvero e l'effetto transfer che un giocatore può vivere nei confronti del proprio personaggio, a causa di un'immedesimazione malsana e fuori controllo.
Quando vengono messi alla prova, gli eroi fanno brillare le personalità dei propri interpreti mostrando la parte più pura della loro essenza con conseguenze eccessive, nel bene e nel male. Mò si prende dei rischi grossi, perché oltre a mostrare ai lettori gli aspetti più affascinanti del gioco, evidenzia tutte le possibili debolezze che rendono i protagonisti decisamente più umani che avatar, fino a un epilogo della storia tanto inaspettato quanto coerente con il resto del racconto.
Dogmadrome è un'immersione nei ricordi, un what if che mostra ai giocatori cosa sarebbe potuto accadere senza una rete di sicurezza a proteggerli. La razionalità lascia il posto al sentimento e all'istinto, in un racconto di crescita individuale e collettiva che lascia davvero con il fiato sospeso fino alla fine. I punti di forza del volume sono sicuramente la coerenza visiva con immagini dall'estetica retrò dei cartoni animati e delle illustrazioni di trenta o quaranta anni fa accompagnate da testi mai forzati e sempre in linea con quello spirito ludico che sottolinea quanto l'eroe sia tale grazie al suo animo, non come conseguenza dei suoi poteri.
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