Do Revenge, la recensione
Revenge è una divertente storia di vendetta al femminile in cui incredibilmente le due protagoniste non da commiserare nè da condannare
La nostra recensione di Do Revenge, disponibile dal 15 settembre su Netflix
Già nel precedente Someone Great, la regista e sceneggiatrice Jennifer Kaytin Robinson aveva raccontato una storia di salda amicizia femminile e di come questa poteva avere la stessa, se non maggiore, importanza rispetto a una relazione sentimentale. Se in quel film c'erano un gruppo di over 30 ritratte nella gioiosa ebrezza di comportarsi come quindicenni, in Do Revenge invece ci sono due ragazzine del liceo che, messe di fronte ai grandi problemi della loro età, mostrano un acume e una forza di volontà non da poco. Così, dopo essere caduta in disgrazia, la protagonista lega con una nuova arrivata, Eleanor, (Maya Hawke) da subito connotata come diametralmente opposta: timida e insicura, con amica solo una lucertola domestica. Nasconde però una ferita dal passato: anni prima, aveva rivelato in un campeggio ad un'amica, Clarissa, i suoi sentimenti per lei, e come conseguenza quest'ultima aveva sparso la voce. Le due decidono così di unire le forze per compiere una vendetta incrociata. Eleanor si trasformerà nella ragazza più ambita del liceo per sedurre Max (Austin Abrams), ex di Drea che lei pensa abbia diffuso il video compromettente che lei gli aveva inviato, per rendere pubblica la verità. Allo stesso tempo, Drea si impegna a incastrare Clarissa.
Il modello a cui si loro ispirano nei piano di vendetta è quello del personaggio di Glenn Close di Attrazione fatale, elemento perturbatore di una fragile stabilità. Così Drea e Eleanor sono intenzionate a rompere i rigidi e opprimenti codici e convenzioni, smascherare l'ipocrisia, ma apparendo tutt'altro che perfette o eroine della vicenda. La prospettiva con cui ci vengono mostrate ne evidenzia il perenne egocentrismo, la perfidia, esaltandone però sempre il fascino perverso, quegli elementi che altrove sarebbe stati da esecrare. L'intreccio, lungo due ore, propone poi diversi colpi di scena per approdare a un finale che appare come molto più tenero di quanto visto in precedenza e che lo lega direttamente a Someone Great. Ma che non cancella l'abilità della regista nel tratteggio accurato dell'ambientazione, nel ritratto dei personaggi, anche di contorno (notevole un'apparizione fugace di Sophie Turner) così come la perfetta chimica tra Hawke e Mendes.