Divinity III: Eroi del Glorioso Stalinverso, la recensione
Abbiamo recensito per voi Divinity III: Eroi del Glorioso Stalinverso, pubblicato da Star Comics
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Stalinverso è il titolo del recente evento Valiant che abbiamo avuto il piacere di leggere sulle pagine del terzo volume di Divinity, l'affascinante epopea fantascientifica scritta da Matt Kindt (testi) e disegnata da Trevor Hairsine (matite).
Bloodshot, Aric di Dacia, Shadowman e tutti gli eroi Valiant si sono dunque uniti per affrontare e assoggettare il mondo intero al comunismo, ma nell’apparentemente compatto fronte russo c’è qualcuno convinto che la realtà sia stata riscritta: si tratta del consigliere Colin King (alias Ninjak). Come va a finire potete scoprirlo leggendo Divinity III: Stalinverso, volume che chiude la trilogia e prepara il terreno per il suo prosieguo, Eternity, firmato ancora una volta dal team creativo composto da Kindt e Hairsine.
Slegati dai vincoli della continuity canonica, i singoli scrittori sono liberi di cimentarsi nella rivisitazione degli esordi dei vari eroi. Il ribaltamento ideologico operato sortisce effetti interessanti in tutti i racconti, e il risultato risulta perfettamente coerente con la caratterizzazione originale di ciascun personaggio; in tal senso sono esemplificativi gli episodi legati ad Aric e a Shadowman.
I punti più alti del volume sono però rappresentati dalle storie poste in apertura e in chiusura: la prima, dedicata a Bloodshot, è figlia dell’ottima conoscenza che Lemire ha del super soldato dotato di naniti, ed è resa unica dall’arte di Crain, abile nel catturare la potenza plastica di un eroe che unisce una forte componente action a una profonda e travagliata introspezione. La seconda è incentrata sulla drammatica storia di Obadiah Archer, un orfano cresciuto da monaci che incrocia il suo cammino con quello dell’immortale Aram Anni-Padda: un racconto di natura positivista imperniato sul concetto di fede e illustrato splendidamente da un Portela attento a esaltare la componente espressiva della sceneggiatura.
L’architetto dell’evento Kindt, affiancato alle matite da Juan José Ryp, firma invece le quattro brevi storie brevi dedicate alle origini dei personaggi meno noti: Le origini della Leggenda Rossa, Le origini di Kostiy, la Senzamorte, Le origini di Baba Yaga e Le Origini di Pioneer sono legate a una più profonda conoscenza della mitologia alla base dell’evento, cosa che permette di aggiungere una vena mistica ed esoterica ad alcune figure della tradizione russa. Il tratto di Ryp, inoltre, conferisce al tutto un tono decisamente più grottesco e macabro.