Disincanto (terza parte): la recensione
Alla terza parte, Disincanto fa sempre un po' di fatica a trovare una propria identità: la recensione della serie animata Netflix
Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.
Alla terza parte (o prima parte della seconda stagione, fate voi), Disincanto fa sempre un po' di fatica a trovare una propria identità. Squilibrata com'è, c'era una certa curiosità nel voler sapere come la serie avrebbe portato avanti la storia dopo due parti che non avevano sciolto i nostri dubbi. La prima stagione iniziava a funzionare davvero solo alla fine, con l'arrivo in scena della madre di Bean. La seconda invece si adagiava su episodi autoconclusivi e faticava molto nella parte centrale. La terza parte è un po' un insieme di quei due approcci, e se non vi aveva conquistato fino ad ora non inizierà a piacervi adesso.
La stagione corre lungo questo filo per dieci episodi, e nel mezzo ci sono intrighi di corte, famiglie disfunzionali, incantesimi, un ritorno alla zona steampunk e alcune nuove ambientazioni. Arrivato alla terza parte, e senza sapere quanto manca alla fine della serie, Disincanto è per definizione un prodotto che ormai dovrebbe aver capito cosa vuole fare da grande. Eppure è sempre mancato "qualcosa" a questa serie per potersi dire riuscita. Non che sia del tutto sbagliata, gli scenari sono apprezzabili, il percorso di Bean regala qualche momento di interesse, e qualche sorriso (ma non troppo di più) lo strappa.