Disclaimer, la recensione: la serie thriller di Cuarón tra eros e menzogna
La recensione di Disclaimer, serie diretta da Alfonso Cuarón con una Cate Blanchett in stato di grazia presentata al Festival di Venezia
Prima che un dramma familiare sulla colpa e sul segreto, Disclaimer è anzitutto una riflessione sulla narrazione. Lo è per come è scritta; basti pensare all'onnipresenza delle voice over - chiaro rimando alla matrice letteraria della serie - che seguono i pensieri dei personaggi in un flusso di coscienza che richiama Joyce e Woolf, a creare una stratificazione narrativa tra parola e pensiero. Lo è per come è articolata su più linee temporali che si incastrano, treccia di fili che vanno a comporre un disegno che - ci illudiamo - creerà un quadro ventennale sempre più chiaro. Lo è per come è girata e montata, con sapienti cesure nei flashback ed ellissi studiate che mettono in risalto, anzitutto, la relatività del punto di vista dello spettatore e giocano con le sue convinzioni.
Come Robert (Sacha Baron Cohen) e Nicholas (Kodi Smit-McPhee), rispettivamente marito e figlio della protagonista, anche il pubblico scopre pezzo dopo pezzo un capitolo nero del passato di Catherine, trovandosi ben presto di fronte a un "orribile ritratto femminile" che non può lasciare indifferenti, supportato da un mucchio di fotografie che lasciano poco spazio all'immaginazione. Eppure, ogni foto immortala un singolo momento, e persino un filmato deve rinunciare a qualche istante nella sua sintesi. Negli interstizi, nei respiri tra una nota e l'altra, c'è qualcosa di ignoto, di inafferrabile e, per questo, mistificabile. Ciò che interessa a Disclaimer è, dunque, edificare una verità per poi metterne in luce le crepe, evidenziare come il collage di frammenti sparsi costringa a riempire i vuoti con la fantasia, causando talvolta disastri.