Dirk Gently - Agenzia di investigazione olistica (prima stagione): la recensione
La prima stagione di Dirk Gently - Agenzia di investigazione olistica tradisce i romanzi originari americanizzandone la trama e conferendole una moderna profondità
La strada dell'aderenza assoluta ai libri di Adams, icona letteraria prematuramente strappata al mondo dei vivi e resa immortale soprattutto da Guida Galattica per gli Autostoppisti, avrebbe potuto garantire l'iniziale affezione dei fan più hardcore dello scrittore britannico, ma avrebbe corso il rischio di non incontrare i gusti del pubblico d'oltreoceano, principale destinatario della serie. In considerazione di questo rischio e, probabilmente, animato da un sano desiderio di conferire la propria impronta sulla storia reinventandone le basi, Landis ha tradito il silente patto di fedeltà alle fonti originarie.
Se l'intricata vicenda che coinvolge Dirk, Todd, la sorella di quest'ultimo, una feroce assassina, una guardia del corpo, un perito elettrotecnico, la CIA, due agenti della sezione Persone Scomparse, un gruppo di teppisti chiassosi, una cagnolina insolitamente umana e un micino pericoloso garantisce agli otto episodi un ritmo e una densità a volte fin troppo impegnativa, specialmente all'inizio, per lo spaesato spettatore, è la costruzione dello sconquassato rapporto tra i due protagonisti che conferisce al corpus delle puntate una solidità emozionale che non cessa mai di coinvolgere il pubblico. La rilettura di Landis è non solo un esempio di saggia traslazione da un luogo (il Regno Unito del Doctor Who) a un altro (gli Stati Uniti delle commedie fantastiche), ma l'adeguamento di un racconto a canoni sentimentali codificati e rodati già da altre serie, in primis quella Sherlock della BBC di cui attendiamo a breve la quarta stagione. In questo, Landis dimostra una duttilità culturale non indifferente, poiché il Dirk Gently di Adams omaggiava per molti versi lo Sherlock Holmes di Conan Doyle: volendo donare alla saga uno smalto nuovo e fresco, quale miglior riferimento della serie creata da Steven Moffat e Mark Gatiss?
Per questo il cliffhanger che chiude l'ottavo episodio ci lascia, oltre che col fiato sospeso, con una buona dose d'amaro in bocca; è il sapore di una vittoria durata troppo poco, di rapporti familiari sbriciolati da anni di bugie, di solidarietà insperata e - complici le splendide interpretazioni volutamente sopra le righe di Samuel Barnett ed Elijah Wood nei ruoli principali, nonché di Fiona Dourif nei panni della squilibrata Bart - di amicizie in boccio che annaspano ancora incerte, e che siamo certi troveranno, nella seconda stagione, ossigeno degno per i propri giovanissimi polmoni.