Dirk Gently - Agenzia di investigazione olistica (prima stagione): la recensione

La prima stagione di Dirk Gently - Agenzia di investigazione olistica tradisce i romanzi originari americanizzandone la trama e conferendole una moderna profondità

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Tradire le fonti e farlo bene: questa potrebbe essere, in una sintetica frase, la recensione della prima stagione di Dirk Gently - Agenzia di investigazione olistica, serie targata BBC America e disponibile sulla piattaforma Netflix nel fulgore caleidoscopico dei suoi otto bizzarri episodi. Per Max Landis, creatore e sceneggiatore della serie nonché figlio dell'ormai leggendario John, non dev'essere stata una passeggiata prendere i due - quasi tre - romanzi scritti da Douglas Adams e trasferirli sul piccolo schermo a sei anni dall'ultimo, pregevole adattamento televisivo, che vedeva uno Stephen Mangan in gran forma nel ruolo dello stravagante detective olistico che dà il titolo alla saga.

La strada dell'aderenza assoluta ai libri di Adams, icona letteraria prematuramente strappata al mondo dei vivi e resa immortale soprattutto da Guida Galattica per gli Autostoppisti, avrebbe potuto garantire l'iniziale affezione dei fan più hardcore dello scrittore britannico, ma avrebbe corso il rischio di non incontrare i gusti del pubblico d'oltreoceano, principale destinatario della serie. In considerazione di questo rischio e, probabilmente, animato da un sano desiderio di conferire la propria impronta sulla storia reinventandone le basi, Landis ha tradito il silente patto di fedeltà alle fonti originarie.

Il suo Dirk Gently si spoglia infatti sin da subito dell'ingombrante peso di una paternità illustre come quella di Adams, percorrendo strade che si distaccano dal tagliente umorismo dell'autore inglese per tramutarsi in un prodotto concepito e sviluppato per il pubblico americano più che per quello europeo, gremito di stereotipi americani e di atmosfere lontane anni luce dal tono della saga d'origine. L'esperimento, non ne dubitiamo, avrà fatto storcere il naso a molti, ma ha dimostrato la propria validità a partire dalla scelta di un protagonista che, unico inglese nel Nuovo Continente, sembra ancor più un pesce fuor d'acqua. La parabola dell'eccentrico Dirk, dotato di misteriosi poteri paranormali sorprendenti tanto quanto la sua incapacità a relazionarsi col prossimo, si incontra con la piccola tragedia di un uomo qualunque, ovvero il fattorino Todd Brotzman.

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Se l'intricata vicenda che coinvolge Dirk, Todd, la sorella di quest'ultimo, una feroce assassina, una guardia del corpo, un perito elettrotecnico, la CIA, due agenti della sezione Persone Scomparse, un gruppo di teppisti chiassosi, una cagnolina insolitamente umana e un micino pericoloso garantisce agli otto episodi un ritmo e una densità a volte fin troppo impegnativa, specialmente all'inizio, per lo spaesato spettatore, è la costruzione dello sconquassato rapporto tra i due protagonisti che conferisce al corpus delle puntate una solidità emozionale che non cessa mai di coinvolgere il pubblico. La rilettura di Landis è non solo un esempio di saggia traslazione da un luogo (il Regno Unito del Doctor Who) a un altro (gli Stati Uniti delle commedie fantastiche), ma l'adeguamento di un racconto a canoni sentimentali codificati e rodati già da altre serie, in primis quella Sherlock della BBC di cui attendiamo a breve la quarta stagione. In questo, Landis dimostra una duttilità culturale non indifferente, poiché il Dirk Gently di Adams omaggiava per molti versi lo Sherlock Holmes di Conan Doyle: volendo donare alla saga uno smalto nuovo e fresco, quale miglior riferimento della serie creata da Steven Moffat e Mark Gatiss?

Ma questo Dirk Gently non resta mai vittima delle proprie ispirazioni, mostrando tra le pieghe di un racconto brillante e colorato la tetra piaga della solitudine e, tema tuttora raro nella serialità televisiva, le ripercussioni della menzogna. Dirk e Todd sembrano incontrarsi per caso, ma tutto nel loro destino è parte di un disegno più grande: disegno che Dirk ha visto senza poterne comprendere i singoli passaggi, ma di cui non fa menzione a Todd per paura di perdere, oltre che un collaboratore prezioso, l'unico amico che la vita abbia messo sulla sua solitaria strada. Su un Todd che è per lui una pagina bianca, Dirk disegna i tratti di un sodale a lungo anelato, e nel far ciò supera la percezione che il ragazzo ha di se stesso, sulla base degli errori madornali commessi nel passato. Tra un paradosso temporale e l'altro, ciò che la prima stagione di Dirk Gently sembra davvero suggerirci è questo: parafrasando una frase di un noto romanzo epistolare della fine del millennio, accettiamo solo l'affetto che pensiamo di meritare.

Per questo il cliffhanger che chiude l'ottavo episodio ci lascia, oltre che col fiato sospeso, con una buona dose d'amaro in bocca; è il sapore di una vittoria durata troppo poco, di rapporti familiari sbriciolati da anni di bugie, di solidarietà insperata e - complici le splendide interpretazioni volutamente sopra le righe di Samuel Barnett ed Elijah Wood nei ruoli principali, nonché di Fiona Dourif nei panni della squilibrata Bart - di amicizie in boccio che annaspano ancora incerte, e che siamo certi troveranno, nella seconda stagione, ossigeno degno per i propri giovanissimi polmoni.

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