Dio esiste e vive a Bruxelles, la recensione
Con un inizio formidabile Dio esiste e vive a Bruxelles promette fuochi d'artificio che purtroppo non consegna. Anzi...
Dallo spunto fino alla conclusione Dio esiste e vive a Bruxelles è però una delusione. Tanto è formidabile l’incipit quando piatta e deludente la maniera in cui questo è trasformato in storia. Jaco Van Dormael ha una chiarissima idea di come immaginare Dio e scegliere Benoit Poelvoorde sembra la mossa più giusta. Lo stesso l’incedere del film di caso in caso, di essere umano in essere umano, non fa che accumulare figure molto meno interessanti (solo superficialmente eccentriche) prese in gag molto meno divertenti di quelle iniziali. Purtroppo però la sceneggiatura del film si baserebbe tutta sul senso di grottesca devianza di ciò che racconta, levata quella crolla ogni interesse. Cosa ancora più grave sembra di intuire che ci sia una velleità “poetizzante” dietro la mortificazione di questa storia.
Dio esiste e vive a Bruxelles sembra un film in brutta, che ancora deve passare attraverso le forbici del montaggio finale, che ancora deve essere sfrondato del troppo e acquistare un passo che gli consenta di non annoiare. Anche il finale, coerente e soddisfacente, sembra arrivare senza nessuna enfasi, con una voglia di “ammirare” gli eventi che non si sposa affatto con la capacità di mettere in scena qualcosa che poi, davvero, valga la pena di essere ammirato.