Dickinson (prima stagione): la recensione
La prima stagione di Dickinson è il ritratto fresco di un'anima insofferente alle convenzioni del suo tempo, dramma in costume a tinte pop
Nel ruolo della protagonista troviamo Hailee Steinfeld (Il Grinta). Al suo fianco, un padre politico e una madre casalinga, interpretati da Toby Huss e Jane Krakowski, entrambi insofferenti verso le ambizioni accademiche della figlia e intenzionati a maritarla al più presto. Mentre Emily anela ad avere più tempo per esercitare il proprio intelletto sopraffino e si lamenta dell'inutilità delle faccende domestiche, nel suo cuore si fa strada un sentimento insidioso. Alla fine del primo episodio, si ritrova in un triangolo sentimentale quando lo scialbo fratello Austin (Adrian Enscoe) chiede in sposa Sue Gilbert (Ella Hunt), amica d'infanzia con cui Emily ha una relazione amorosa.
Ogni episodio reca il titolo di una una poesia e, quando Steinfeld ci traghetta nelle emozioni e nei desideri più profondi di Emily, la bellezza dei suoi versi diventa dolorosamente chiara. L'unico modo che la protagonista ha di esprimersi veramente è attraverso i suoi componimenti, sapientemente sfruttati nella serie. Vediamo infatti comparire una scrittura dorata sullo schermo mentre Emily compone nella sua testa, e la corrispondenza tra gli accadimenti della stagione e queste citazioni è commovente e sempre efficace.
In questo senso, Dickinson funziona benissimo e merita tutto il nostro plauso; seppur indulgendo forse troppo in un femminismo ostentato che rischia di scivolare in semplicistica faciloneria, questo primo arco di episodi sembra volerci ricordare passo dopo passo che la sventura di Emily sia stata nascere in un'epoca in tutto e per tutto ostile alla sua indole e alle sue aspirazioni. La morte profetizza che, nel giro di duecento anni, Emily sarà l'unico Dickinson di cui il mondo parlerà, ed è interessante notare come, in questo senso, la grande mietitrice sia connotata come foriera di consolazione, perfettamente in linea con la poetica dell'autrice.
Eppure, la frizzante opera che vediamo scorrere dinnanzi agli occhi poco o nulla ha di lugubre, a dispetto della mesta reclusione che, come sappiamo, caratterizzò quasi tutta la durata della vita di Emily; per ora, la solitudine sembra accompagnarsi sempre al più vitale sprazzo di ribellione, e la pulsione mortifera non è che l'ammiccante contraltare di una giovinezza pulsante in una serie che si dimostra, dall'inizio alla fine, sovraccarica di linfa vitale.