Diabolik visto da Enzo Facciolo, la recensione
Abbiamo recensito per voi Diabolik visto da Enzo Facciolo, pubblicato da Oscar Ink e Astorina
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Dopo Diabolik visto da Sergio Zaniboni, dedicato all'artista torinese scomparso nell'agosto del 2017, Astorina e Oscar Ink tornano a collaborare per un nuovo volume celebrativo dedicato a un altro grande nome del Fumetto italiano, il quale ha contribuito a consolidare il mito del Re del Terrore: Enzo Facciolo.
Il fumetto che apre il volume è quello che segna il debutto di Facciolo sulla serie: L'impiccato, (Diabolik Anno I n. 10) dell'ottobre del 1963. Il caso vuole che, nella geniale trama intessuta dalle sorelle Giussani, l'allora giovane talento lombardo non si trovi mai a cimentarsi con le proprie matite sulle fattezze del protagonista, presente fin dalle prime battute ma nascosto dietro a uno dei propri straordinari travestimenti. Facciolo, tuttavia, dimostrò già personalità nel tratto, cosa che gli valse la fiducia immediata di tutta la redazione Astorina e la responsabilità grafica del personaggio.
Il disegnatore lombardo, però, non si limitò a questo; si dedicò infatti alla mimica facciale dell'antieroe, sviluppandone come mai in passato una profondità e una complessità grafica. Il Diabolik di Facciolo divenne il punto di riferimento assoluto per tutti gli altri suoi colleghi; non solo, ne plasmò e garantì l'unità stilista, inchiostrando le matite dei maggiori interpreti che negli anni sono giunti a formare uno staff creativo di prim'ordine. È di Facciolo l'immagine che si staglia sul logo Astorina (Diabolik in corsa che scaglia un pugnale), che Brenno Fumali (artefice della copertina del numero 1 di Diabolik e poi Art Director di Astorina) concepisce nel 1968, utilizzando la splash page di Sangue per un diamante (Diabolik Anno VII n. 12, giugno 1968).
Dal 1963 in poi, Facciolo ha firmato più di duecento episodi della testata regolare, continuando ad affinare il proprio segno, che si è evoluto e maturato con il personaggio, conferendogli la fisionomia definitiva e iconica che possiede tuttora. Lo stesso processo è avvenuto per i principali comprimari, l'acerrimo nemico Ispettore Ginko e l'inseparabile Eva Kant.
Lo si può notare con facilità nel secondo fumetto contenuto nel tomo: il seminale Diabolik, chi sei? (Diabolik Anno VII n. 5, marzo 1968) - matite di Glauco Coretti e chine di Facciolo – scritto dalle due Giussani sotto le insistenti pressioni dei lettori, che chiedevano dettagli sulle origini del loro trasgressivo beniamino. Furono accontentati da una pietra miliare della serie che diede vita ad altri fondamentali flashback, sempre affidati all'arte di Facciolo: Il tesoro di King (Diabolik Anno XXXVII n. 10, ottobre 1998), Ritorno all'isola di King (Diabolik Anno XLI n. 11, novembre 2002) e Io sono Diabolik (Il Grande Diabolik 19, aprile 2009), in cui l'artista sigla il prologo e l'epilogo della storia.
Nel terzo, breve racconto di Diabolik visto da Enzo Facciolo, si ha la rara opportunità di gustare un soggetto improntato sull'ironia e sulla leggerezza. Nello spassoso Colpo basso all'Hotel Ritz (Love - L'amore ai tempi del viagra, 2003, Mondadori), di Mario Gomboli e Licia Ferraresi, che non si nega un'intelligente stoccata alla piaga del bracconaggio, Facciolo immortala una Eva Kant ammaliante e irresistibile nelle vesti della vamp Bagheera.
L'ultimo episodio del volume è nientemeno che la versione work-in-progress, ma comunque completa, dell'inedito in edicola questo mese: Il tesoro perduto (Diabolik Anno LVIII n. 1, gennaio 2019). L'intreccio composto da Gomboli e Andrea Pasini, che si occupa anche della sceneggiatura insieme a Rosalia Finocchiaro, inaugura felicemente la stagione 2019 di Diabolik, offrendo a tutti i suoi fan un'imperdibile avventura esotica nel mezzo della foresta equatoriale, sulle tracce di una favolosa fortuna in oro e gioielli nascosta da una masnada di conquistadores spagnoli.
Alla qualità narrativa della trama si unisce l'insolita esperienza di poter assistere alla realizzazione, passo dopo passo, dell'impegnativa parte grafica: dalle prime tavole pressoché complete a quelle inchiostrate con ancora le tracce in grafite sottostanti, fino alla matita pura; sono pagine che affascinano e permettono di ammirare al meglio la maestria di Enzo Facciolo.
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