Diabolik - Chi sei?, la recensione

La trilogia dei Manetti termina con Diabolik - Chi sei? e le origini del personaggio, in un film che conferma tutti i difetti dei precedenti

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Diabolik - Chi sei?, il terzo film della trilogia dei fratelli Manetti in uscita il 30 novembre presentato alla Festa del Cinema di Roma

Che ci troviamo in un film dei fratelli Manetti lo grida forte l’uso delle musiche, infilate ad annuncio del tono di una scena o a ripetere quello che è già evidente, e poi sono i dettagli. Ad esempio il fatto che sì noti quando c’è una controfigura a sostituire un attore perché sì vede parte del volto o anche il fatto che Diabolik, arrivato in un appartamento di una via strettissima e mascherato per non essere riconosciuto, una volta in camera si levi la maschera di fronte alla finestra aperta, a pochi metri dal palazzo e quindi dalle finestre di fronte. Sì, è di nuovo autunno ed è di nuovo il momento dell'uscita di un film di Diabolik.

Questa volta è l’ultimo della trilogia annunciata, il secondo con Giacomo Gianniotti nel ruolo protagonista e quello che racconta la origin story del personaggio. Diabolik narra a Ginko la sua storia mentre i due sono prigionieri, così noi la vediamo in flashback (in bianco e nero) inframezzata con il resto del film, cioè la storia di come vengano liberati. La durata di due ore è un salto decisamente troppo lungo per le possibilità e le scelte di questo film. Il ritmo che da sempre caratterizza quest’adattamento mal si accoppia con un simile minutaggio. Alcune spiegazioni allungate, stiracchiate e recitate sottraendo tutta l’enfasi possibile (come quella di King) oltre a essere superflue e ridondanti suonano anche infinite e ingiuste per lo spettatore. 

Il supplizio di questo Diabolik - Chi sei? sta nel continuo chiedersi quanto a lungo si possa sopportare che tutto sia così continuamente spiegato a parole, anche le cose più ovvie. Quanto a lungo si possano ascoltare battute come: “Ho messo la maschera del mio capo e indosserò i tuoi vestiti così nessuno mi riconoscerà”, senza perdere ogni fiducia nel film? È stato il problema fin dall’inizio, fin dal primo film, un problema che viene da una scelta precisa fatta inizialmente e che, insieme a molte altre scelte, ha creato dei film fuori da qualsiasi genere, fintamente polizieschi, mai realmente fumettosi (a fronte della grande aderenza) nemmeno naturalisti (che pure poteva essere una scelta accattivante). Diabolik - Chi sei? nonostante potrebbe essere considerato il più dinamico e tollerabile dei tre film, rimane un film inaccettabile per toni e tempi, per insufficienza nel creare un po’ di azione e pretese di essere teso.

Per questi film di Diabolik sarebbe stato auspicabile avere dei film moderni, viste le trame. Sarebbe stato legittimo aspettarsi una confezione molto leccata e raffinata, visto il tono che da sempre ha il fumetto e il mondo in cui Diabolik si muove. Sarebbe stato giusto un look da blockbuster italiano visti i budget e il progetto. Sarebbe stato opportuno pretendere almeno un’idea seria di intrattenimento, visti gli intenti popolari e mainstream, e se non proprio uno svolgimento all’americana (che sarebbe stata una facile scappatoia) almeno quel livello lì di credibilità. Invece dopo tre film questo Diabolik sembra il frutto di alcune prove di teatro sperimentale, a metà tra espedienti precisi (le maschere indossate sono un effetto visivo ben fatto) e continui fallimenti sul terreno dell’azione e della recitazione. Un’idea di cinema vecchissima e mal eseguita per una serie di film che più che immaginare cinematograficamente un personaggio storico, sono stati il tentativo spaventato di fare dei film non toccando niente, tirandosi indietro e auspicando che questo potesse andare bene. Ovviamente non è stato così. E quando alla fine Eva Kant entra in una stanza dicendo “Eccomi qua”, come fossimo in una recita delle medie e non in un momento che dovrebbe invece essere carico di tensione, si potrebbe anche finire a ridere senza il consenso degli autori.

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