Diablo II: Resurrected, il ritorno di un classico da giocare almeno una volta nella vita | Recensione
Diablo II: Resurrected è un ritorno a casa che sa di nostalgia o una prima avventura che sa di scoperta, nonché una remastered impeccabile
Uscito nel 2000, Diablo II è stato un paletto a dir poco incisivo nella storia videoludica, piantato in profondità soprattutto per quanto riguarda i giochi di ruolo e gli hack 'n' slash, genere di cui è rimasto il re incontrastato per anni (e probabilmente tornerà a esserlo con l'arrivo di Diablo IV). La cosa veramente bizzarra, a dirla tutta, è che buona parte degli affezionati ha sempre visto di cattivo occhio Diablo III - gioco del 2012 con un design generalmente derivativo e poco ispirato, sicuramente non forte, oscuro, trucido e impattante come lo era stato quello di Diablo II all'epoca della sua uscita - con una piccola e poco rumorosa nicchia che è rimasta ancorata al proprio PC. Ed è proprio questo attaccamento quasi morboso al passato che, da solo, racconta il successo di un titolo intramontabile, così intramontabile da funzionare quasi alla perfezione anche a vent'anni dall'esordio.
Diablo II: Resurrected, infatti, ripropone l'esperienza ludica così com'era stata pensata in origine, mantenendo inalterati tutti gli aspetti del gioco - nel bene e nel male - rendendo più accessibili sono una manciata di funzioni come la raccolta automatica delle monete, ad esempio, e poco (pochissimo) altro, tutto spuntabile dal menù. L'anima di Diablo è rimasta dannatamente intaccata: i giocatori di vecchia data riconosceranno i luoghi di Sanctuary a un primo sguardo, impreziositi da dettagli e tecnicismi commoventi, con una cura maniacale per i nuovi modelli 3D, le animazioni inedite e per l'atmosfera che avvolge il cammino attraverso lande popolate da non-morti e altre creature poco simpatiche. Pur mantenendo ogni singolo "pixel" al proprio posto, ovvero senza aggiungere nulla a uno scenario vacuo ma allo stesso tempo (o proprio per questo) affascinante, il team di Vicarious Visions è riuscito a rivitalizzare e modernizzare quello che, a conti fatti, era un lavoro certosino già vent'anni fa. Per fare un esempio pratico, Vicarious ha lavorato su Diablo II come se la versione originale fosse la linea di una matita per un quadro da definire, una guida da cui sono nati colori e sfaccettature dapprima impossibili da immaginare, rispettandolo - allo stesso tempo - come se fosse il restauro di un dipinto antico e d'importanza storica, ultimato con l'accortezza di uno chef stellato che aggiunge il suo tocco personale al piatto prima di servirlo ai commensali. Forse questo giro di parole può sembrare esagerato e fine a sé stesso, ma non troviamo altri termini con cui raccontarvi in poche righe il superlativo trionfo visivo che ha rimesso in sesto un caposaldo, mandato in pensione da molti, da anni, e sostituito da Diablo III.
Soprattutto dopo essersi avvicinati alla serie con Diablo III, ritornare al secondo capitolo - se non per approfondirne la lore o per godere di un'esperienza inedita - potrebbe risultare a tratti avvilente e pesante. Ci spieghiamo meglio: noi abbiamo testato Resurrected sia su PlayStation 5 che su Nintendo Switch, e se dal lato tecnico, come già detto, non possiamo muovere alcuna critica, se non per la presenza di qualche piccolo bug di poco conto, dover avere a che fare con un inventario ridotto all'osso e da rimescolare con costanza, aiutati solamente dalla cassa personale che ora è in comune con tutti i vostri personaggi, scoraggia le sessioni brevi, quantomeno da console casalinga. Problemi che rientrano sotto la categoria della quality of life, dove sarebbe bastato - esempio - aumentare la capienza dell'inventario per godere di un'esperienza più rapida e meno inutilmente smanettona. Anche spostare il loot dalla spalla alla cassa diventa un'operazione che richiede una certa dose di pazienza: essendo nato su PC, Diablo II (e quindi anche Resurrected) non ha mai preso in considerazione le levette analogiche di un pad, e così hanno fatto anche i ragazzi di Vicarious Visions, rientrando nel paradosso del "un gioco uguale all'originale, con dei problemi dovuti all'originale". Lasciateci dire, però, che se in questi termini si fosse osato un po' di più e ideare un compromesso tra tradizione e innovazione, nessuno avrebbe avuto da ridire.
"Il lavoro di rifacimento dei filmati è della colonna sonora è semplicemente incredibil"Ritornando un attimo sul godimento visivo e uditivo, il lavoro di rifacimento dei filmati è della colonna sonora è semplicemente incredibile: se i primi non hanno avuto alcun problema nell'adattarsi agli standard (piuttosto alti) fissati da Blizzard con le cinematiche di giochi come World of Warcraft e Overwatch, la soundtrack riprende e amplifica temi iconici conosciuti, ormai, anche dai profani di Diablo, accompagnando i giocatori per le terre di Sanctuary da tutti quei suoni originali come la raccolta delle monete o le coltellate al costato di un mostro. Una carneficina che, una volta in più, sa di nostalgia. Anche il doppiaggio italiano è rimasto rigorosamente fedele all'originale, creando un mix di ricordi e novità che saprà accudire con affetto la vostra immaginazione.
Diablo II: Resurrected è quindi un titolo che si farà ben volere un po' da tutti, a prescindere, quantomeno per la cura riposta in questa operazione che, per una volta, non puzza di commerciale. Un ritorno a casa che sa di nostalgia o una prima avventura che sa di scoperta, una marcia dal ritmo tutto suo, forse troppo lento o poco armonioso, ma di certo affascinante e solenne. Per un titolo da giocare almeno una volta nella vita, la speranza è che le prossime remastered che ci attendono in futuro abbiano la stessa cura e lo stesso cuore di questo Resurrected. Un cuore che lo stesso Diablo non esiterebbe a sgranocchiare con gioia, in attesa di ritornare alla carica negli anni a venire su Diablo: Immortal e Diablo IV, profilando all'orizzonte un futuro dai toni cupi e terrificanti, ma allo stesso tempo - speriamo - capace di farci sognare per altri vent'anni.