Dexter: New Blood, la recensione dei primi due episodi
Dexter: New Blood deve inventarsi un modo per giustificare il ritorno in azione del nostro serial killer preferito, e per ora sembra aver preso la strada giusta
Otto anni fa Dexter Morgan ci salutò apparentemente per sempre, e in un modo tale da convincere il 99% del suo pubblico che staccare la spina fosse la scelta giusta; “il finale di Dexter” è ancora oggi una frase che fa venire i brividi (anche allo stesso Michael C. Hall), e quella tempesta si guadagna di diritto il suo posto tra i series finale peggiori, o per lo meno più divisivi, della storia recente della TV. Forse al tempo non lo sospettavamo ancora, ma con il passare degli anni il seme del dubbio si è piantato a fondo nelle nostre menti: possibile che per Dexter non sia ancora finita? Che in futuro avremo una possibilità di vederlo di nuovo in azione, per intrattenerci ancora e soprattutto per rettificare quel finale così poco soddisfacente? Siamo nel 2021 e il seme è cresciuto fino a diventare un albero: l’11 novembre Dexter: New Blood arriverà su Sky, in quello che è già uno dei remake più inevitabili e attesi degli ultimi anni.
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Sappiamo però che se questi sono i presupposti possiamo tirare un prudente sospiro di sollievo. Al di là delle questioni sovraesposte, questi primi due episodi ci servivano soprattutto per capire una cosa: perché Dexter torna in azione? Inutile girarci intorno, lo si capiva già dal trailer: il nostro serial killer di serial killer preferito si è trasferito altrove, in mezzo ai boschi e alla neve, e si è rifatto una vita, ma il passato è come l’aglio, tende a ripresentarsi quando meno te lo aspetti e ti lascia con un gran mal di pancia. E quindi di fatto la prima cosa che Dexter: New Blood deve fare è ri-contestualizzare: presentarci il nuovo Dexter, la sua nuova casa, la sua nuova routine. E poi gettare i primi bastoncini nel nuovo ingranaggio fragile e perfetto che tiene il personaggio di Michael C. Hall aggrappato alla normalità e lontano dalla violenza.
Funziona lui – anche perché Michael C. Hall è ancora talmente dentro al personaggio che gli basta accendere il pilota automatico per farci sorridere – e funziona anche il contesto che gli è stato costruito intorno: non più una metropoli dove è facile sparire, ma una piccola comunità isolata e che vive ai confini di una riserva indiana, con tutti i problemi sociali che ne derivano. Il trasloco in mezzo ai boschi è la vera tabula rasa di Dexter: New Blood, e ha un effetto a cascata su tutto quanto, a partire dal modo in cui Dexter si rapporta con chi gli sta intorno. Vorremmo dire che farete fatica a riconoscerlo ma non sarebbe del tutto vero: quando è da solo, Dexter torna quello che abbiamo sempre amato, anche grazie a, diciamo così, i fantasmi dei suoi Natali passati, e non è difficile immaginare che con il passare degli episodi la sua vecchia personalità emergerà sempre più prepotente.
Ha già cominciato, a dire la verità: nelle prime due ore scarse di questa nuova stagione succedono già abbastanza cose da permetterci di farci un’idea della direzione che prenderà New Blood; non possiamo ancora parlarvene, per cui dovrete fidarvi. È anche per questo che non vediamo l’ora di andare avanti: perché se la stagione proseguisse su questo tono saremmo già più che soddisfatti, ma anche perché ci piace immaginare che Clyde Phillips, già showrunner della serie originale, abbia qualche sorpresa in serbo, qualche twist alla Doakes che possa ulteriormente nobilitare quello che, almeno per ora, sembra essere un ritorno più che gradito.