Deus Ex: Mankind Divided, la recensione

Il sequel che, nel bene, tutti ci aspettavamo: la recensione di Deus Ex: Mankind Divived

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Deus Ex: Mankind Divived vive e si sviluppa attraverso le sue ambientazioni. Esattamente come l’illustre e apprezzatissimo predecessore, sembra debba raccontare l’ennesima epopea del solito uomo tutto d’un pezzo che, affrontando mille difficoltà e ostacoli, si fa strada tra orde di malintenzionati e criminali d’ogni genere, ma nel profondo, alla prova dei fatti, si rivela ben altro. La sua immanenza, la sua ragione d’esistere, nonché vero discriminante che lo rende un serio pretendente a diventare il miglior gioco (certamente uno dei migliori) di quest’anno, va attentamente ricercato e carpito lasciando che sia il mondo virtuale creato a regola d’arte dai ragazzi di Eidos Montreal a guidarci, a parlarci, a raccontarci una storia che fa a meno di dialoghi e cut-scene.

Adam Jensen, come già in Human Revolution, è un figurante, certo d’impatto ma mai particolarmente ingombrante, tra tanti altri attori utili al medesimo scopo: mostrare, con coerenza e senza mai uscire dalla parte, equilibri e politiche che governano il mondo del domani, i drammi che caratterizzano un’umanità tragicamente divisa, inconsciamente terrorizzata, profondamente confusa, disorientata, alienata.

[caption id="attachment_159733" align="aligncenter" width="508"]Deus Ex Mankind Divided screenshot 1 Durante le prime fasi dell’avventura, Jensen scoprirà di possedere più abilità di quante preventivate. Il consumo di energia che richiederanno questi poteri speciali, tuttavia, è tale che sarete costretti a scegliere di volta in volta quali attivare e quali disattivare per evitare il surriscaldamento del sistema. Si tratta, insomma, dell’ennesimo fattore che condizionerà le vostre strategie e tattiche sul campo di battaglia.[/caption]

Praga, Londra, l’oppressiva e distopica città-prigione di Golem: queste, e altre location che il nostro dovrà esplorare e battere da cima a fondo per completare l’avventura, sono le vere e uniche protagoniste di Deus Ex: Mankind Divided, il fulcro attorno al quale l’intera produzione ruota e acquisisce un senso e un sapore atipico, unico, pur nella totale e completa adesione agli stessi canoni e meccaniche che già resero grande il capitolo pubblicato una generazione di console fa.

Il non avere un protagonista psicologicamente sfaccettato, e di riflesso un cast di personaggi capaci di azionare e alimentare una trama degna di essere ricordata in ogni particolare, può certamente ritenersi un limite, un difetto del gioco. Il motore grafico, che pur compie un ottimo lavoro nel dipingere ambienti densi di dettagli e impreziositi da stupefacenti effetti luce, proprio durante i dialoghi mostra tutti i suoi limiti, soprattutto paragonando le espressioni facciali di Jensen e interlocutori, con le conversazioni intrattenute tra Nathan Drake e compagnia bella nel recente (e anch’esso splendido) Uncharted 4. Persino le scelte multiple che potrete compiere di tanto in tanto, per quanto il loro impatto nell’economia globale sia sensibilmente più rilevante rispetto al prequel, soprattutto nel finale, non sono che uno specchio per le allodole. La magia è altrove.

Jensen, difatti, sia che stia sbrigando faccende indispensabili per sbrigliare la matassa di cui è involontariamente parte integrante, sia che si attivi per togliere dai guai qualche innocente, soprattutto per adempiere ad una delle tante missioni secondarie che fungono da ottimo diversivo, dovrà ingegnarsi in ogni modo per superare ostacoli, aggirare gruppi di sentinelle, intrufolarsi nei sistemi informatici di privati e multinazionali.

"Si resta abbagliati dalla ricercatezza del level design"

Sarà soprattutto mantenendo un basso profilo, approccio caldamente consigliato ma tutt’altro che obbligatorio, che trarrete le più grandi soddisfazioni da Mankind Divided. La necessità di far fronte alle difficoltà che le missioni comporteranno, vi spingeranno ad esplorare, cercare password, affidarvi all’ingegno e all’inventiva. Sarete così indirettamente costretti a scoprire decine di strade secondarie, molteplici tattiche con cui avere la meglio sugli avversari, fare luce su piccole e grandi storie che, spesso, non hanno nulla a che vedere con gli obiettivi del protagonista. Si resta così abbagliati dalla ricercatezza del level design, mai banale, mai lineare; dallo storytelling che, senza bisogno di prolisse scene d’intermezzo, affronta tematiche attualissime come l’intolleranza e la discriminazione; dalla profondità di un gameplay regolato e scandito da una progressione pressoché perfetta.

[caption id="attachment_159735" align="aligncenter" width="508"]Deus Ex Mankind Divided screenshot 2 Il sistema che gestisce le coperture è stato completamente rivisto. Direzionando lo sguardo di Adam con lo stick destro, potrete gestire la mossa successiva sia nel caso in cui vi sposterete verso un ulteriore riparo, sia portandovi direttamente alle spalle di un avversario da abbattere.[/caption]

Adam Jensen nasconde all’interno del suo corpo innesti tecnologici che lo rendono un soldato fondamentalmente inarrestabile, straordinariamente capace di adattarsi a qualsiasi situazione. Spendendo i punti esperienza guadagnati, è possibile potenziarlo progressivamente, magari adattandone le peculiarità e punti di forza in base al proprio stile di combattimento. Un approccio più sfrontato necessita capacità rigenerative superiori, grande forza fisica, una certa confidenza con le armi da fuoco. Tra mitragliatrici, bombe e mine di prossimità, qualunque guerrafondaio avrà di che divertirsi, a patto di saper dosare le proprie smanie prevaricatrici. Complice una certa indistruttibilità dei ripari, altra nota dolente del motore grafico e fisico, non è difficile proteggersi dal fuoco nemico, ma bastano un paio di colpi andati a segno per mandare al tappeto l’avatar.

Più consigliabile, come già suggerito, agire nell’ombra, potenziando le abilità che vi renderanno silenziosi ed efficaci come ninja. Tornerà dunque comodo vedere i nemici attraverso i muri, hackerare i computer così da disattivare le telecamere di sicurezza, affidarsi a pistole silenziate o fucili caricati con dardi stordenti per non mietere vittime. Sì, perché volendolo potrete completare il gioco senza sporcarvi le mani, abbattendo, senza ucciderli, persino i (pochi) boss che vi coinvolgeranno in scontri particolarmente impegnativi. Rispetto a Human Revolution il numero di queste battaglie è più contenuto, ma al tempo stesso permettono l’imbastimento di molteplici strategie per essere portate a termine.

La campagna principale, insomma, è semplicemente gigantesca, per durata e quantità di contenuti offerti, ma non rappresenta l’unica voce presente nel menù principale. La modalità Breach, inscenando le peripezie di un hacker intento a trafugare dati sensibili dai server di varie corporazioni, vi sottoporrà numerose missioni, di per sé autoconclusive e completabili nell’arco di una manciata di minuti, in cui dovrete eludere la sicurezza, sotto forma di sentinelle e torrette di ogni tipo, raggiungere i terminali da cui estrapolare le informazioni e imboccare l’uscita prima dello scadere del tempo. In questi livelli, che per art design ricordano da vicino le missioni VR di Metal Gear Solid, il ritmo dell’azione è ovviamente più alto, visto che il risultato che otterrete, oltre a valervi una differente ricompensa, verrà inserito nelle classifiche online. Non farsi scovare dalle telecamere di sicurezza ha i suoi indubbi vantaggi, ma non dovrete farvi troppi problemi a sfoderare la pistola e attaccare sfrontatamente gli avversari.

Certo gli acquisti in-game che potrete fare, sborsando denaro reale per godere di bonus di varia natura, indispettiranno qualcuno, ma nonostante ciò, a conti fatti, Breach rappresenta un gustoso diversivo, utile, tra l’altro, a guadagnare qualche punto d’esperienza spendibile per rendere ancor più letale Adam Jensen.

[caption id="attachment_159734" align="aligncenter" width="508"]Deus Ex Mankind Divided screenshot 3 Artisticamente il gioco è impeccabile e, ancora una volta, non mancano i continui rimandi a Blade Runner. Anche la colonna sonora, composta nuovamente da Michael McCann, merita plausi. Più che discreto il doppiaggio in italiano.[/caption]

Deus Ex: Mankind Divided è un gioco gigantesco, totale, coinvolgente come pochi altri. Si potrebbe criticare il motore grafico che qui e lì, tra animazioni facciali poco convincenti e cali del frame rate, perde qualche colpo. Si potrebbe biasimare la mancanza di carattere del protagonista. Si potrebbe persino far notare l’estrema somiglianza con il predecessore, certo, ma questo, a ben vedere, non è per nulla un difetto, non quando ne viene fuori un’esperienza appassionante, stimolante, mai piatta, banale, prevedibile. Gli sviluppatori hanno saputo creare un mondo virtuale credibile, vivo, pieno di cose da fare e vedere. Esplorare l’interno di un edificio e scoprirsi coinvolti in un’infiltrazione, nell’hackeraggio di un PC, nella scoperta di un civile che ha bisogno di un eroe che lo tragga in salvo, il tutto senza soluzione di continuità, è ciò che rende unico e speciale questo gioco.

In definitiva, Eidos Montreal è riuscita a regalarci il sequel che speravamo, una nuova avventura di Adam Jensen che ricorderemo negli anni a venire non tanto per l’epopea di per sé, quanto per averci dato la possibilità di vivere un futuro, alternativo e distopico, non poi così tanto distante dalla nostra realtà e, soprattutto, meritevole di essere scoperto ed esplorato in prima persona. Imperdibile sia per i fan della saga, sia per chi cerca un action-RPG di stampo occidentale orientato allo stealth.

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