Designated Survivor 1x21 "Brace for Impac": la recensione
La nostra recensione del ventesimo episodio e finale di stagione di Designated Survivor, intitolato Brace for Impac
L'ultimo episodio riprende esattamente da dove ci aveva lasciati il precedente, con Hannah che si risveglia in un pulmino imbottito di esplosivo all'interno del garage dell'Hoover Building. Ovviamente, l'incontrastata eroina d'azione della serie, riuscirà a uscire anche da questa spinosa situazione ed a salvare centinaia di vite portando lontano la bomba e facendola esplodere nel bacino idrico adiacente al Monumento di Washington. Tutto questo non spiega però perché i "cattivi" l'abbiano lasciata viva, se non per un breve accenno al fatto che qualcuno sembra aver lasciato nel suo appartamento le planimetrie dell'FBI per far credere che lei fosse coinvolta nell'attentato. Se davvero Hannah fosse morta, tuttavia - considerata la missione assegnatale dal Presidente - nessuno avrebbe davvero creduto in un suo coinvolgimento, nessuno, quanto meno, tra le persone che davvero contano. Per contro, se l'agente fosse stata uccisa quando davvero Lozano avrebbe potuto farlo, niente di tutto quello che accade dopo sarebbe successo: non sarebbe stata rivelata l'identità della talpa all'interno della Casa Bianca e Lozano non sarebbe morto per sua mano, di conseguenza sorge spontanea la domanda su quale fosse il vero intento degli autori.
Designated Survivor, in conclusione, ha dimostrato per ora di avere le carte in regola per saper intrattenere, ma non eccellere: l'accalorato e sentito discorso di Tom Kirkman di fronte alle Camere riunite e lo stesso cliffhanger con cui la serie si conclude, quando il Presidente viene informato che prima di morire Lozano ha esposto la sicurezza del paese fornendo a Patrick Lloyd una serie di informazioni top secret da rivendere al miglior offerente, sono scelte narrative convincenti, ma hanno un che di costruito, un po' come il discorso esageratamente stucchevole di Kirkman. Ancora una volta l'intento è evidente: Tom è visto come l'ideale leader che finalmente riesce a fare il suo lavoro senza dover sottostare ai ricatti di diverse forze politiche, l'uomo che trova il modo di convincere un esperto giornalista a non pubblicare la storia più esplosiva della sua carriera per il semplice fatto che lo guarda negli occhi e lo prega di non farlo, ma tra idealismo e macchiettistico il passo è veramente molto breve. Per quanto severi possiamo sembrare nei nostri giudizi, il punto è che questa serie ha le carte in tavola per fare meglio e noi ci auguriamo che avere una writer room più stabile il prossimo anno, aiuti Designated Survivor a fare le modifiche necessarie ad essere il genere di show che davvero riesce a tenere il pubblico incollato alla poltrona, anche se le storie che decideranno di raccontare potranno apparire esagerate e sopra le righe. Noi siamo convinti che il margine per il miglioramento ci sia e speriamo, ora che la posizione di Patrick Lloyd è stata definita, che nella seconda stagione avremo un antagonista degno di Tom Kirkamn.