Designated Survivor 1x18 "Lazarus": la recensione

La nostra recensione del diciottesimo episodio di Designated Survivor, intitolato Lazarus

Condividi

Spoiler Alert
A pochi episodi dalla conclusione della prima stagione di Designated Survivor, il finale di stagione andrà in onda negli Stati Uniti il 17 maggio, purtroppo Lazarus non è quell'adrenalico episodio che il pubblico avrebbe potuto aspettarsi e solo negli ultimi minuti finisce per creare un po' di quell'azione atta a tenere sulla corda il pubblico. Il fatto che la serie abbia cambiato in una sola stagione ben quattro showrunner comincia - a nostro avviso - a farsi pesantemente sentire sulla narrativa dello show e anche se siamo piuttosto certi che la serie verrà rinnovata, è evidente che gli autori stiano faticando non poco a trovare una direzione comune verso quale andare. Le premesse che volevano che Designated Survivor fosse uno show a tre facce che parlasse della vita politica e familiare di Tom Kirkman e della cospirazione che ha portato all'assassinio del Presidente e di quasi tutto il suo governo, hanno finito per essere anche la sua maledizione, trasformandolo in una serie che ha finito per essere poco incisiva in tutti e tre i campi.
Dopo la scoperta della scorsa settimana da parte di  Hannah e Jason che l'attentatore del Presidente, Nestor Lozano è vivo e gode di ottima salute, gli autori rispondono alla conseguente logica domanda che ci eravamo posti: chi era quindi l'uomo ucciso dietro ordine di Peter MacLeish? Così veniamo a scoprire che qualcuno ha agito dall'interno per scambiare le impronte di Lazano con quelle del corpo sfigurato ucciso dallo forze dell'ordine, permettendo al vero attentatore di fuggire indisturbato senza che nessuno sospettasse nulla. A questo punto Hannah scopre che l'uomo fatto passare per Lazano era in realtà l'impiegato di una losca società di nome Browning Reed, il cui Amministratore Delegato è Patrick Lloyd, un ricco imprenditore dall'atteggiamento decisamente sospetto. Chiunque abbia un minimo di esperienza con le serie TV o le cospirazioni, appena assisterà all'incontro tra Hannah e Lloyd capirà di aver scovato un'altra importante pedina del gioco: per quanto sia vero quello che dice l'agente dell'FBI e cioè che le persone che fanno parte di questo gruppo di cospiratori incontrati in North Dakota sembrano essere uomini e donne assolutamente ordinari, è anche vero che per fare quello che queste persone sono riuscite a portare a termine bisogna cercare un leader con notevoli disponibilità economiche e chi meglio di Patrick Lloyd corrisponde al profilo?

Un altro problema che abbiamo riscontrato nella serie e che culmina nell'episodio di questa settimana con il rapimento di Hannah è quanto assurdo sia che un'indagine tanto delicata quanto quella seguita dall'agente dell'FBI sia sostanzialmente messa nelle mani di una sola persona. Pur comprendendo l'idea che Tom Kirkman si senta legittimamente circondato e non sappia di chi fidarsi, è impensabile che il futuro del paese sia sostanzialmente messo nelle mani di quattro persone: Hannah Welles, Jason Atwood, Mike Ritter e John Forstell. Conoscendo la pericolosità dei nemici contro cui si stanno muovendo, persone che sono state capaci di rovesciare il governo degli Stati Uniti macchiandosi di un terribile attentato, come è possibile che questi individui continuino a girare indisturbati, senza nessuna protezione o copertura, completamente esposti ad un'organizzazione le cui ramificazioni sono evidentemente ben più estese di quanto loro stessi immaginino? Ecco perché quando Hannah viene rapita alla fine della puntata, la piega presa dagli eventi non può davvero cogliere di sorpresa gli spettatori, per il semplice fatto che, considerate le circostanze ed i passi avanti fatti nell'indagine, era solo questione di tempo prima che uno dei quattro membri di questa task-force finisse per venire direttamente minacciato da chiunque si trovi dietro a questa cospirazione.

In quanto al B-plot dell'episodio è tutto dedicato a Kimble Hookstraten e alla proposta fattale dal Presidente di diventare il suo vice. Narrativamente parlando avremmo preferito che la Presidente della Camera dei Rappresentanti restasse quel personaggio ambiguo che ci era stato presentato all'inizio della serie, mentre la virata buonista presa è decisamente meno soddisfacente, ma anche in questo caso il problema sembra essere più una mancanza generale di coerenza da parte degli autori che del personaggio in sé. E' importante, questo è fuori discussione, che in questa situazione Tom Kirkman riesca a trovare degli alleati di cui fidarsi ed è comprensibile che la Hookstraten stessa avesse delle riserve iniziali nei confronti del nuovo Presidente, ma la donna descritta nella prima parte della stagione sembra molto diversa da quella che adesso appare sinceramente preoccupata per il suo paese, tanto da convincere il partito di opposizione, come successo nella scorsa puntata, a votare in favore di una proposta di legge fatta da Kirkman. In tutto questo il protagonista dello show è, almeno lui, sempre coerente con se stesso e anche nel caso della Hookstraten, la cui candidatura alla vice presidenza viene minacciata da un articolo che insinua, più che provare, la possibilità che si sia fatta corrompere anni prima, deciderà di non abbandonarla in balia della corrente e rifiuterà di cambiare la propria scelta.

[embed]]

Continua a leggere su BadTaste